lunedì 30 giugno 2014

L'infinito Leopardi

Olga Galeone

Il 29 giugno 1798 nasceva a Recanati uno dei più grandi poeti della letteratura italiana: Giacomo Leopardi. Fin dalla giovinezza l'ambiente di Recanati, del tutto estraneo alla ventata delle idee illuministiche, non è adatto ad appagare il bisogno di Leopardi di comunicare, di conoscere ed agire. Così trova nella biblioteca paterna l'unica possibilità per sfogare il proprio furore di conoscenza, gettandosi in uno studio che egli stesso definisce "matto e disperatissimo". 

Il senso di scontentezza per il mondo chiuso nel quale è costretto a vivere diviene sempre più acuto e il desiderio di uscire dal borgo natìo lo porta ad un processo di maturazione interiore, la prima conversione dall'erudizione al bello, a cui farà seguito il successivo passaggio dal bello al vero, e la riflessione sull'esistenza e la sorte dell'uomo. Nella sua profonda disperazione scopre la consapevolezza della propria infelicità che è proiezione e oggettivazione di quella dell'uomo moderno, dell'uomo allontanatosi dallo stato di natura. Lasciare Recanati non lo aiuterà a placare la tensione tra la dolorosa coscienza della realtà e l'esigenza di affetti e sentimenti, ma rinforza la sua volontà più matura e decisa di entrare nel mondo e stringere relazioni più intense con la società intellettuale dell'epoca. 

Vive una intensa esperienza amorosa con Fanny Targioni Torzetti e stringe una profonda amicizia con l'esule napoletano Antonio Ranieri, presso la dimora del quale terminerà i suoi giorni colpito dal colera il 14 giugno 1837. E' difficile parlare del rapporto di Leopardi con la religione poiché la prima impressione che si ottiene dalla lettura delle sue liriche è quella di un totale allontanamento da Dio e dal Cristianesimo. Nella lettera a Luigi De Sinner del 24 maggio 1832 il poeta afferma: "E' assurdo attribuire ai miei scritti una tendenza religiosa". Leopardi cresce in un ambiente familiare bigotto, tradizionalista ed estremamente riservato, improntato a un rigido spirito d'autorità che esclude ogni confidenza ed espansività di affetti.

Il padre Monaldo era un conservatore in religione come in politica, intollerante di ogni novità. Ed è proprio la relazione con i genitori la chiave di lettura per comprendere la religiosità del poeta recanatese. Ha approfondito questo tema nel libro "La Religione di Giacomo Leopardi" (San Paolo Edizione, 2008) uno dei più prolifici esegeti che ricordiamo quest'anno nel centenario della sua nascita: Don Divo Barsotti. Don Barsotti nacque il 25 aqprile 1914 in provincia di Pisa e fu ordinato sacerdote nel seminario di San Miniato nel 1937. Fondatore della Comunità dei Figli di Dio, è noto soprattutto per i suoi scritti, grazie ai quali ha vinto diversi premi letterali come scrittore religioso. Don Divo scrive: "Negare la religione di Leopardi è negare la sua poesia. La sua poesia è religione più della poesia di Manzoni, più della poesia stessa di Dante. Manzoni, certo, è più cristiano; ma Leopardi è più religioso. 

La sua poesia è essenzialmente religiosa". Con il termine religione non intende l'insieme di credenze e pratiche relative alle cose sacre, bensì quel sentimento naturale che fa percepire l'esistenza di una realtà superiore in cui trovare risposta ai grandi dilemmi dell'uomo, il senso della vita e della morte, come pure il bisogno di verità e amore. Don Barsotti riconosce che per Leopardi "la religione diveniva una religione senza Dio: l'anima che si sottraeva all'infinita vanità del tutto, soffriva tuttavia una sete infinita e sapeva che non avrebbe potuto mai essere estinta." Il poeta Leopardi rifiuta il cristianesimo perché, come vissuto dalla sua famiglia, era contrario alla natura, nemico della felicità e della bellezza. 

Nelle lettere indirizzate a suo padre però l'uomo Leopardi si spoglia di ogni veste letteraria e lascia parlare il suo cuore, parla di "SS. Sacramenti ricevuti" e di "adentissime preghiere". Don Divo spiega questa apparente contraddizione: "Nel sentimento angoscioso della sua solitudine egli non aveva dimenticato del tutto la preghiera e la sua speranza era soprattutto la preghiera dei suoi. La sua religione, più che adesione a dogmi ben definiti, era una adesione inconsapevole, quasi naturale ed istintiva, alla religione dei suoi. Il legame con i suoi era anche un legame spirituale e religioso, ma la sua non era per questo religione cristiana". 

Ecco dunque "la sorgente della sua infelicità. L'uomo fatto per Iddio in Dio solo può trovare riposo. La tragica esperienza del poeta è una riprova della verità nelle parole di Agostino. Come in Dio è la beatitudine dell'uomo, così nell'assenza di Dio è la sua infelicità." L'ateo religioso Giacomo Leopardi compone nel 1816 "L'appressamento della Morte", di chiara ispirazione dantesca, che rimase inedita in vita del poeta. Sorprendentemente, o forse no, conclude la cantica con un'invocazione alla Madonna: "O Vergin Diva, se proteso mai caddi di membrarti, a questo mondo basso, se mai ti dissi Madre e se t'amai, deh tu soccorri lo spirito lasso. Quando de l'ore udrà l'ultimo suono, deh tu m'aita ne l'orrendo passo". Nell'ora più buia Leopardi chiede l'intercessione di Maria, consolatrice degli afflitti. Secondo una testimonianza del gesuita Scarpa il poeta "si confessò e si riconciliò con Dio per mezzo della Penitenza" poco prima di morire. La sua richiesta espressa in giovinezza e rivolta alla Madonna affinchè gli stesse vicino nel momento della morte è stata infine accolta.

domenica 29 giugno 2014

SS Pietro e Paolo

Claudio Capraro 

Il 29 giugno, si celebra una delle solennità più antiche, inserita nel Santorale romano ancora prima di quella del Natale: la solennità dei Santi Pietro e Paolo.

Le figure dei due Santi, dei due martiri che hanno personificato e continuano a personificare la tradizione della Chiesa, sono ben note. Simone pescatore che con suo fratello Andrea era tra i dodici e al quale il Signore cambia nome definendolo Pietro, da pietra, pietra fondamentale della Chiesa. Prende coscienza della necessità di aprire la chiesa ai pagani, ma deve scontrarsi con i suoi limiti umani, spesso evidenziati anche da Paolo, come quello di mettere su due piani diversi i cristiani di origine ebraica rispetto a quelli di origine pagana, fin quando arrivato a Roma e diventato davvero “pietra angolare” di tutta la cristianità è costretto a pagare con il martirio. Riconosciuto come primo pontefice della chiesa cattolica.

Saulo di Tarso, avversario della cristianità che “folgorato sulla via di Damasco”, cambia il suo nome in Paolo e inizia a compiere viaggi in tutto il mediterraneo per visitare le comunità cristiane. Arrestato e condotto a Roma, in quanto cittadino romano, dalla prigionia scrive lettere alle comunità con le quali era in contatto. Liberato, rimprigionato e infine martirizzato.

Due personalità così importanti le cui solennità sono state unificate in un’unica data, perché come dice S. Agostino: “anche se martirizzati in due date differenti, i due erano una cosa sola; Pietro precedette e Paolo seguì”. 

Nel Vangelo della messa vespertina della vigilia, Gesù per tre volte chiede a Pietro se lo amasse e per tre volte, dopo la risposta affermativa del discepolo, gli affida le sue pecore ed i suoi agnelli da pascere e da pascolare e gli ricorda che se da giovane si vestiva da solo e andava dove voleva, quando sarà vecchio sarà vestito da altri e sarà condotto dove questi vorranno. Nel Vangelo della messa del giorno, invece fondamentale è il fatto che Pietro riconosca in Gesù il Cristo, il figlio del Dio vivente. E Gesù dopo averlo benedetto ed averlo investito del ruolo di pietra fondante della Chiesa, gli affida le chiavi del regno dei Cieli. Entrambi i brani quindi fondamentali per la storia di Pietro e per quella di tutta la Chiesa. 

Nel suo viaggio verso Roma, provenendo da Antiochia, Pietro sbarcò, insieme con San Marco, in Puglia e tra gli altri luoghi toccò la nostra Taranto che quindi può vantare una discendenza petrina nell’origine della propria diocesi. Testimonianza di tutto ciò è custodita nella nostra chiesa del Carmine, in un vano al centro della navata a destra guardando l’altare, dove oltre un’antica immagine dell’apostolo è custodito un tronco di colonna in pietra sulla quale Pietro celebrò messa. Al di sopra della nicchia contente la piccola colonna è presente una lapide apposta nel 1651 con la quale si rammenta che l’Arcivescovo del tempo, Tommaso Caracciolo, fece abbellire la stessa colonna in memoria della celebrazione fatta dal principe degli Apostoli, insieme con Marco Evangelista, e durante la quale fu nominato Amasiano primo Vescovo di Taranto.

Nei secoli successivi diversi successori di Pietro visitarono la nostra città ed in anni più recenti uno di essi, da poche settimane salito agli onori dell’altare, San Giovanni Paolo II poté visitare la nostra chiesa, fermarsi in preghiera su di un inginocchiatoio per poi affacciarsi al balcone e rivolgersi alla città tutta. Spesso si parla della possibilità che l’attuale Pontefice e successore alla Cattedra di Pietro, Francesco, possa far visita alla nostra città. Sarebbe bello se ciò accadesse, ancora di più se potesse avvenire prima della conclusione dell’anno giubilare che lo stesso Papa Francesco ha concesso alla nostra Arciconfraternita e a tutta la comunità del Carmine di Taranto e visitando la nostra chiesa potesse fermarsi qualche istante davanti alla colonna sulla quale pose le mani il primo pontefice, Pietro.

giovedì 26 giugno 2014

Sant'Antonio da Padova

Antonino Russo

« Qui, in terra, l'occhio dell'anima è l'amore, il solo valido a superare ogni velo. Dove l'intelletto s'arresta, procede l'amore che con il suo calore porta all'unione con Dio »

Sant’Antonio è una figura venerata in tutto il mondo: è un Santo che ha compiuto prodigi in vita e dopo la sua morte ma che ha soprattutto predicato il Vangelo combattendo l’eresia.

Fernando, questo il suo nome di Battesimo, praticò esorcismi, profezie, guarigioni.

I miracoli che gli sono riconosciuti sono davvero tanti: riattaccò una gamba recisa, fece ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, ad una donna riattaccò i capelli che il marito geloso le aveva strappato, costrinse una mula ad inginocchiarsi davanti all'Ostia, rese innocui cibi avvelenati, predicò ai pesci, fu visto in più luoghi contemporaneamente (da qualcuno anche con Gesù Bambino in braccio) fece parlare il neonato considerato da un marito geloso il "frutto del peccato", per testimoniare l'innocenza della donna.

Fernando nasce a Lisbona da una nobile famiglia portoghese discendente da Goffredo di Buglione.

A quindici anni Fernando è novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferisce nel monastero di Santa Croce di Coimbra il maggior centro culturale del Portogallo appartenente all'Ordine dei Canonici regolari di Sant'Agostino, dove studia scienze e teologia, preparandosi all'ordinazione sacerdotale che riceverà nel 1219, a ventiquattro anni.

Nonostante la bravura negli studi teologici e nella predicazione, in cuor suo desidera una vita religiosamente più severa.

Il suo desiderio si realizza nel 1220: giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare su mandato di Francesco d'Assisi e quando i frati del convento di monte Olivares arrivano per accogliere le spoglie dei martiri, Fernando confida loro la sua aspirazione di vivere nello spirito del Vangelo. Ottenuto il permesso dai suoi superiori, Fernando entra nel romitorio dei Minori e fa subito professione religiosa, scegliendo il nome Antonio in onore dell'abate ed eremita. Chiede ed ottiene di partire missionario in Marocco.

È verso la fine del 1220 che s'imbarca su un veliero diretto in Africa, ma durante il viaggio è colpito da febbre malarica e costretto a letto. La malattia si protrae e in primavera i compagni lo convincono a rientrare in patria per curarsi.

Secondo altre versioni, Antonio non si fermò mai in Marocco: ammalatosi appena partito da Lisbona, la nave fu spinta da una tempesta direttamente a Messina, in Sicilia. Curato dai francescani della città, in due mesi guarisce. A Pentecoste è invitato al Capitolo generale di Assisi: arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare San Francesco, ma, in quella sede, non di conoscerlo personalmente.

Ad Antonio è assegnato il ruolo di predicatore e insegnante dallo stesso San Francesco, che gli scrive una lettera raccomandandogli, però, di non perdere lo spirito della santa orazione e della devozione.

Comincia a predicare nella Romagna, prosegue nell'Italia settentrionale, arriva sino in Francia. Mentre si trova in visita ad Arles, si racconta gli sia apparso Francesco che aveva appena ricevuto le stigmate.

Antonio visita i conventi per conoscere personalmente tutti i frati, controlla le Clarisse e il Terz'ordine, va a Firenze, finché fissa la residenza a Padova e in due mesi scrive i Sermoni domenicali: i suoi temi preferiti sono i precetti della fede, della morale e della virtù, l'amore di Dio e la pietà verso i poveri, la preghiera e l'umiltà, la mortificazione e si scaglia contro l'orgoglio e la lussuria, l'avarizia e l'usura di cui è acerrimo nemico.

E' inoltre convinto assertore dell'assunzione della Vergine Maria.

Per riposarsi dopo il tanto peregrinare si ritira a Camposampiero, vicino Padova, dove il conte Tiso, che aveva regalato un eremo ai frati, gli fa allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce. Da qui Antonio predica, ma scende anche a confessare e la sera torna alla sua “cella”. Una notte che si era recato a controllare come stesse Antonio, il conte Tiso è attirato da una grande luce che esce dal suo rifugio e assiste alla visita che Gesù Bambino fa al Santo.

A mezzogiorno del 13 giugno 1231, era un venerdì, Antonio si sente mancare e prega i confratelli di portarlo a Padova, dove morirà. Si narra che mentre stava per spirare ebbe la visione del Signore e che al momento della sua morte, nella città di Padova frotte di bambini presero a correre e a gridare che il Santo era morto.

Non appena il corpo giunge a destinazione nella chiesa di Mater Domini iniziano i miracoli, alcuni documentati da testimoni.

Antonio fu canonizzato l'anno seguente la sua morte, dal papa Gregorio IX e ne 1946 Pio XII lo ha proclamato Dottore della Chiesa.

Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua di Antonio incorrotta, ed è conservata nella cappella del Tesoro presso la basilica della città di Padova di cui è patrono.

La quarta giornata del torneo

Salvatore Pace

Si è giocata ieri la quarta giornata del torneo organizzato in occasione dei festeggiamenti per la nostra Titolare. 

La giornata fresca di mercoledì passato è solo un ricordo, la serata di ieri si presenta afosa e caldissima ai giocatori che combattono con un caldo Brasiliano. Gli organizzatori, più magnanimi della FIFA, autorizzano i time out ma gli spartani uomini in campo non ne usufruiscono per dare un sonoro schiaffo morale agli undici azzurri reduci da Manaus.

La prima partita vede di fronte i bianchi di mr. Francischiello contro i novizi di Peppe Carucci.

Anche oggi, purtroppo, la formazione dei novizi si trova a disputare l'incontro senza un portiere titolare e a far ruotare in porta volenterosi ragazzi che però non hanno assolutamente idea del ruolo. 

A prescindere dalla perfetta prestazione di Pignatelli e compagni, che hanno mostrato trame di gioco interessanti e concretizzato ottime azioni c'è da dire che giocare contro una squadra senza portiere inevitabilmente pesa sulla correttezza del torneo e falsa quello che poi alla fine andrà a fare carniere per la classifica del torneo stesso.

Il risultato vede soccombere i novizi per 10 a 2, un Ruggieri in grande spolvero e Bruno firmano rispettivamente 4 e 3 gol a testa, poi un gol di Greco, uno di Esposito e un meraviglioso calcio di punizione calciato dall'area di rigore opposta e siglato da Pace, sugellano il risultato che vede anche un rigore trasformato da Buzzacchino e un gol di D'Auria per i blu di coach Carucci ai quali va la solidarietà per non essersela potuta giocare per lo meno alla pari in fatto di schieramento.

Momenti di agonismo terminati con una stretta di mano ed un abbraccio hanno caratterizzato un incontro tutto sommato corretto tra due squadre ben messe in campo.

Il secondo incontro ha visto, sul prato del sempre ben curato NEW FARO SPORT del grande capitano Latartara, contrapporsi i verdi del Serrachiese contro i rossi Decor.

Bergami contro D'andria, due volponi della panchina.

Dopo un primo tempo equilibratissimo tra due squadre veramente agguerrite il secondo tempo ha visto soccombere la Decor per 3 a 0. Un missile terra aria di Cecere da fuori area e una doppietta di fioretto, con due gol d'autore, del giovane Solito hanno fissato il risultato finale che porta, i verdi di Bergami, in testa alla classifica con 9 punti, a tre punti segue l'Addolorata di Lanzalonga che ieri ha riposato.

Per mercoledì prossimo tutti i giochi e tutti gli scenari restano aperti, nulla è scritto, salvo che la sfida più importante dovrebbe essere quella delle 22 tra Decor e Troccola che, a pari punti, daranno vita ad un serratissimo incontro per cercare di giocarsi un posto in semifinale. Al momento, tra le squadre a tre punti, la compagine di Franceschiello è in testa per la differenza reti ma in questo torneo ci possiamo aspettare di tutto.
Tra gli spettatori di ieri, tra cui come sempre un vigile Priore, defezioni importanti: tutto il  Porzia Group. 

A risentirci giovedì prossimo 

lunedì 23 giugno 2014

Il discorso della montagna

Antonino Russo 

Ho acquistato tempo fa questo testo del Cardinale Carlo Maria Martini (Torino, 15 febbraio 1927 – Gallarate, 31 agosto 2012) biblista ed esegeta, uomo di cultura teologica e di dialogo tra le religioni.

“Questo libro contiene le meditazioni del Cardinal Martini su uno dei brani più celebri e controversi del Vangelo: una provocazione che chiama il lettore a compiere un impegnativo e coinvolgente percorso dell’intelligenza e del cuore attraverso lo scandalo delle beatitudini, vero e proprio ribaltamento dei valori mondani. Un invito a riscoprire con nuova freschezza i valori più profondi su cui fondare il vivere personale e sociale, per ritrovare la possibilità di guardare al futuro con una speranza solida, lontana dalla paura o dal lamento sterile come da ogni vacuo ottimismo; per divenire capaci di scelte coraggiose e autentiche, libere da conformismi che assoggettano agli imperativi delle mode correnti.”

Mi aveva colpito il titolo poiché da almeno 15 anni il Discorso della montagna ha accompagnato il mio cammino di fede a Roma prima e a Taranto poi, al punto di scegliere con mia moglie parte di questo testo come Vangelo delle nostre nozze.

Le Beatitudini rappresentano “il portale” come lo definisce l’autore del Discorso (Matteo, capitoli dal 5 al 7) che Gesù pronunciò probabilmente su una altura vicino Cafarnao.

Ogni volta che Gesù sale sul monte è per vivere una esperienza di relazione forte con il Padre: basti pensare al brano della Trasfigurazione o a quello della Passione. Il monte è idealmente il punto di contatto con il Cielo anche nell’Antico Testamento: Mosè riceve da Dio le tavole della Legge sul monte Sinai mentre Gesù, con le Beatitudini proclama la gioia di un Regno dei Cieli che appartiene ai puri di cuore, ai poveri, ai perseguitati, agli operatori di pace:

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi."

Le Beatitudini sono esplosione di gioia di colui che ha scoperto la forza trasformante del Regno e della resurrezione.

Il Cardinale Martini pone una domanda scomoda: come devo vivere io oggi le Beatitudini? Non certo riconoscendosi necessariamente in tutte le beatitudini ma vivendo la propria personale beatitudine nella luce del Vangelo.

Ad esempio San Francesco considerava “perfetta letizia” (beatitudine, appunto) bussare alla porta di Santa Maria degli Angeli ed essere respinti con insulti e percosse e sopportarlo “pazientemente e con allegrezza e con buono amore”.

La colonna portante del Discorso della montagna è certamente il Padre Nostro, al capitolo 6:




" Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole.
Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male."

L’autore effettua una analisi rapida (“ci vorrebbero settimane” cita in una omelia) del Padre Nostro che sintetizza in un desiderio ardentissimo che si compia il disegno di Dio su di noi e sul mondo.

Facendo un passo indietro al capitolo 5, ci sono dei versi che dovremmo ripeterci più spesso:

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa.
Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

Consiglio questo libro come spunto per la preghiera personale.

L’augurio che faccio ad ognuno, specie ai più giovani che spesso si sentono smarriti dinanzi alla vita, è che si senta ripetere dal Signore queste parole: siamo luce del mondo, sale della terra.

domenica 22 giugno 2014

Il Corpus Domini


Salvatore Pace

Il Corpus Domini in alcuni paesi Europei, come la Germania e la Svizzera, è la festa religiosa più importante pari al Natale e alla Pasqua. 

Festa cristiana della Santa Eucarestia, celebrata il giovedì dopo la pentecoste. La festività venna stabilita da papa Urbano IV nel 1264. 

La festa del Corpus Domini (Corpo del Signore) è una delle più popolari della cristianità con imponenti processioni che si svolgono per le vie delle città. A Roma è capeggiata dal papa stesso. 

Questa festa venne istituita per l’esigenza di consacrare un giorno apposta per l’eucarestia, che a quei tempi era stata in parte messa in ombra.

Questa cerimonia venne per la prima volta proposta da Santa Giuliana, che era madre priora di Mont Cornillion a Liegi, in Belgio. Ella raccontò di aver avuto delle visioni in cui le apparì Cristo, che indicandole un unico punto nero, su una luna piena e luccicante, le disse che il punto nero rappresentava appunto l’assenza di una festa in onore dell’Eucarestia. Ella fu appoggiata dal futuro papa Urbano IV, all’epoca arcidiacono di Liegi che, una volta salito sul soglio pontificio, istitui la festa.

Anche nella nostra città il Corpus Domini è molto sentito, la processione muove dalla chiesa di Sant'Antonio ed è animata da tutte le Confraternite della Diocesi al termine della Santa Messa.

Percorrendo le vie del Borgo il corteo giunge a Piazza Carmine dove si scioglie al termine di una preghiera collettiva rivolta al corpo del Signore.

Il Corpus Domini, escluse la festività della Madonna del Carmine e dell'Addolorata di Settembre, è per convenzione la festa "estiva" che chiude il ciclo delle feste grandi religiose cittadine, vale a dire quelle che vedono la presenza di tutti i sodalizi e che riprenderanno a Dicembre con l'Immacolata Concezione. 

giovedì 19 giugno 2014

Carità silente

Salvatore Pace

Mi capita, spesso in questi giorni, di leggere in silenzio il brano del Vangelo che accompagnerà la Liturgia durante la giornata.

Mercoledì è stata la volta del Vangelo Secondo Matteo, per la precisione il brano in cui l'Evangelista parla di come Gesù si espresse in merito alla carità.

Ecco è stato un flash, non so perchè ma ho immaginato che Gesù mi parlasse, parlasse a noi Confratelli, parlasse delle nostre cose e, a volte, credo che Gesù anche attraverso una lettura del Vangelo in quel momento ci mandi un segnale...


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 

«Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 

Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. 

Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 
perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 
Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. 
Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. 
Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, 
perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». 


La carità e l'elemosina sono quanto di più alto ci insegna il Signore ma anche nella carità e nell'elemosina, gesti così sublimi, si manifesta, talvolta, la pochezza dell'uomo che li trasforma in vanità e apparenza..i nostri Sodalizi così tanto colpiti, in alcuni periodi, dalle maldicenze di chi osteggia le nostre Tradizioni e i nostri antichi valori sono fatti da uomini che sorridono in tutte le occasioni in cui sono vestiti del loro abito di Rito, che pregano il loro Dio nel segreto di un cappuccio calato, che non cianciano sulla destinazione dei loro sacrifici fatti per reggere una sdanga o per poter fare una posta in pellegrinaggio e ai quali non interessa l'approvazione della gente ma che sperano di poter far contento il Signore con i loro sforzi economici, a volte e fisici, tante volte, come i nostri Amministratori che, senza proclami e senza "pompa magna" si sacrificano per il bene della Confraternita.

Ecco questo pensavo mercoledì .. che è bello essere Confratelli, di qualsiasi Confraternita, indossando qualsiasi mozzetta, reggendo qualsiasi simbolo quando questo viene fatto per il bene di tutti, di chi ne ha bisogno e non per il nostro ..

DECOR

mercoledì 18 giugno 2014

La terza giornata del Torneo Maria SS del Monte Carmelo

Salvatore Pace

Se le nubi all'orizzonte minacciano Italia Uruguay di martedì in Brasile, ieri pomeriggio alle 15 si è temuto il peggio anche per il nostro Campionato annuale, nubi nere, pioggia a scrosci e tuoni forti hanno minato seriamente l'ottimismo per lo svolgimento sereno della terza giornata ma, come sempre, dopo la tempesta arriva la quiete e alle 18, la pioggia, uscito il sereno, ha soltanto portato un pò di freschetto che ha permesso agli atleti in campo di non boccheggiare come lo scorso mercoledì.


Turno di riposo per gli uomini della "troccola" e anche per chi vi scrive che, dopo l'erroraccio difensivo di mercoledì passato, gode di un turno rigenerante per l'umore e per il fisico, il mister Francischiello ha di che riflettere in questi giorni in modo da poter spronare la sua squadra e spingerla alla prima vittoria, come il Brasile, forti sulla carta, ma per adesso i suoi uomini non sono riusciti a metter punti nel carniere.

Scontro al vertice tra i neri dell'Addolorata e i verdi Serrachiese, questo ci propone il primo incontro della giornata. I mister, veterani, Lanzalonga e Bergami mettono in campo i loro arieti, in ballo c'è da una parte il definitivo primato del team di Lanzalonga, dall'altra l'aggancio a questi ultimi da parte dei verdi di Bergami che lo scorso turno hanno ceduto i tre punti ai novizi dopo una partita molto combattuta.

La partita vede nel primo tempo un match combattutissimo in cui una spettacolare sforbiciata a centro area di Albano per un nulla non porta in vantaggio i neri di Lanzalonga. Il secondo tempo si  apre con un rigore messo a segno da Solito che porta in vantaggio i Serrachiese. Il raddoppio di Viviano suggella la sua spettacolare prestazione coronata da due tiri spettacolari da fuori area nonostante gli acciacchi alla caviglia. Albano prova anche nel secondo tempo ad accorciare le distanze con una splendida sforbiciata ma, diciamolo, non è serata e il premio partita promesso dal Presidente Saracino, presente in tribuna, per i neri non arriverà stavolta.

Da notare l'abbraccio a fine partita tra Santagata e Leggieri dopo una partita molto spigolosa tra i due..ecco lo spirito del torneo!!

Il secondo incontro vede di fronte, rinfrancati dal riposo della scorsa settimana, i rossi Decor di mister D'andria e la sorpresa San Simone Stock, i terribili novizi di Peppe Carucci.


Partita viva anche questa ma i novizi non sembrano quelli della scorsa settimana,  il primo tempo finisce 2 a 0 per i Decor, marcature di uno scatenato Ricchiuti e del bomber dal tiro al fulmicotone Fina,il secondo tempo vede calare il ritmo di gioco, il risultato si mantiene fermo sul 2 a 0 fino a quando l'arbitro, in giornata NO, diciamolo assegna un rigore dubbio e contestato ai novizi realizzato da Carucci. Dopo due parate superlative, però, Sclavo, il portiere della San Simone Stock soccombe a fine partita per il tre a uno finale.

Un'altra giornata anzi, serata, di sport trascorsa nello splendido scenario del New Faro Sport, il nostro Maracanà, che ha visto tra gli spettatori il Porzia Group e un divertito, come sempre, Francesco Latartara, squisito padrone di casa.

Come di consueto una settimanale menzione speciale che, per questa giornata, va al Confratello Gianluigi Vecchi dell'Addolorata team, quello che sembrava un banale infortunio alla prima giornata si è trasformato in un problemino più serio del previsto, i nostri auguri di pronta guarigione a un terzino tenace come lui..anche se molte caviglie quest'anno, a causa della sua assenza, torneranno a casa sane e salve a fine torneo !! Si scherza, naturalmente, in bocca al lupo Gianluigi !

martedì 17 giugno 2014

Lo Spirito di Dio, Luce sul nostro cammino

Mattia Giorno

Qualche giorno fa, con precisione domenica 8 giugno, la Chiesa tutta ha festeggiato la solennità di Pentecoste. Sin dai primi anni del catechismo siamo stati istruiti riguardo questa festa, il giorno in cui gli apostoli riuniti nel cenacolo hanno ricevuto in dono lo Spirito Santo.

Un dono importante, segno dell’amore profondo di Dio nei confronti dell’uomo, il quale oltre ad aver sacrificato il Suo unico figlio, ha voluto concedere all’umanità così tanta ricchezza. Sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio, questa l’infinita Grazia che il Signore ha voluto donarci, per renderci parte viva della Sua comunità, per farci veri testimoni del Suo amore. Se non per questi doni, come potremmo sentirci nella Sua Grazia, come potremmo vivere ed agire da veri cristiani? 

In questo giorno così importante per la Chiesa di Dio, che quest’anno è stato protagonista di un evento prezioso, quello della preghiera sulla pace chiesta da Papa Francesco, noi cristiani dobbiamo sentirci più che mai missionari di fede. Dobbiamo ricordare quel momento in cui, alle parole del vescovo intento a porre sul nostro capo il Sigillo dello Spirito Santo, rispondemmo con forza “amen”.

Lo Spirito Santo però non si limita a questo, San Paolo infatti ci mostra come, oltre ai sette doni, vi siano anche nove frutti, nove frutti che scaturiscono dallo Spirito in chi lo invoca: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine e dominio di sé. Ecco come lo Spirito agisce su noi, completandoci e donandoci tutto ciò di cui necessitiamo per diventare membra vive del corpo di Cristo e della Chiesa.

“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.” (Atti 2,1-4)

Così, come lo Spirito si abbatté sugli apostoli increduli, anche noi dobbiamo sentirci allo stesso modo, per divenire missionari della Chiesa, ed avere il coraggio di portare in ogni tempo e in ogni luogo il Vangelo e la Grazia della salvezza di Cristo.

“Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?” Queste le grandi opere dello Spirito, questo è il momento in cui nacque la vera Chiesa di Dio, quella delle genti, quella dei popoli riuniti sotto un unico amore. Gli apostoli ebbero in dono la forza di testimoniare a tutti i loro fratelli quali erano state le opere del Signore, e come loro anche noi abbiamo il dovere di vivere ogni giorno in maniera missionaria.

La nostra Arciconfraternita costantemente si mette al servizio della comunità, cercando di renderla migliore nel nome di Dio. Con essa molti sono i confratelli che nel loro piccolo si donano e contribuiscono per edificare una vera comunità di fratelli. Le cose che sono state fatte sono tante, le cose che assieme possiamo e dobbiamo fare sono ancor di più. Dobbiamo sentirci gli uni al servizio degli altri e vivere pieni di Spirito e di Grazia.

Anche le nostre processioni ed i nostri riti sono forma di evangelizzazione, momenti di preghiera e di vicinanza a Dio. Stringiamoli a noi e lavoriamo perché diventino sempre più un messaggio di speranza, perché Cristo muore, risorge e ci dona assieme al Padre tutto il suo amore e la sua forza mediante lo Spirito Santo, che è trino ed è misericordia.

Sentiamoci tutti costantemente illuminati dalla fiamma dello Spirito, perché sia luce viva sul nostro cammino da cristiani. Il nostro essere carne e facili prede del peccato non sia fonte di timore, perché quando invocato, lo Spirito di Dio tuona su noi ed illumina la nostra strada.

lunedì 16 giugno 2014

L'accoglienza delle statue del Cristo Morto e dell'Addolorata

Claudio Capraro 

Il risveglio non è stato semplice, dopo la notte passata davanti alla tv per esultare con la nazionale all’esordio nel mondiale brasiliano; una volta alzato nella penombra scorgere la mozzetta appesa li pronta, mi ha lasciato un attimo sconcertato. Ma che cosa è oggi? Settimana Santa? Sedici luglio? Qualche istante e le finestre aperte e l’abbigliamento “leggero” mi hanno fatto capire che non è settimana Santa, ma la mente è ancora onnubilata dal poco sonno e da qualche birra in più per festeggiare, non mi permettono di capire bene. Ah ecco, ci sono. Né l’una, né l’altra data. Oggi è il 15 giugno e il fatto che la mozzetta sia fuori dall’armadio a prendere aria è dovuto ad un’altra occasione, l’accoglienza delle statue di Gesù morto e dell’Addolorata dopo che hanno ricevuto la benedizione di Papa Francesco.

Un buon caffè mi aiuta a rendermi meglio conto di tutto. Tra poco le statue saranno nella cappella di San Leonardo nel castello Aragonese a disposizione dei fedeli ed oggi pomeriggio, in processione, torneranno a casa loro nella chiesa del Carmine. Che sensazione strana, tante emozioni che si mischiano.

Il caldo e la mattina al mare come a luglio e le due statue nucleo fondamentale della processione dei Misteri come a Pasqua; le scarpe come a luglio e non scalzi come in settimana Santa; il meteo assillo fisso nei giorni precedenti il giovedì ed il venerdì santo, diventa importante anche oggi visto che la pioggia sembra possa fare capolino e quindi come abbiamo fatto lo scorso venerdì Santo, tutti (?) a pregare perché le nuvole oggi prendano altre direzioni.

Vestirsi oggi pomeriggio nei saloni della Confraternita sarà un misto di sensazioni: farà caldo come ne fa a luglio, sotto il camice eviteremo di indossare maglie termiche e calzamaglie, ci saranno sedici di noi che indosseranno lo smoking proprio come se fosse venerdì santo e altri sedici che saranno venuti in congrega senza il cappello.



Una occasione storica quella odierna, una di quelle che resteranno negli annali, che saranno riportate nei libri che racconteranno la storia dei nostri riti, delle nostre tradizioni. La Beata Vergine Addolorata incoronata e Gesù morto coperto da un nuovo velo, dopo la benedizione Papale, saranno accolti da tutta l’Arciconfraternita e dalla città tutta, nell’ambito delle manifestazioni per il duecentocinquantesimo anniversario della donazione. Una occasione nella quale sarà importante esserci tutti quanti, tutti insieme per pregare, tutti insieme per ringraziare.



domenica 15 giugno 2014

L'accoglienza del 15 giugno

Salvatore Pace

Ecco ci siamo.

L'evento atteso, la giornata più emozionante dell'anno per il nostro Sodalizio è arrivata.

Una torrida giornata di giugno accoglie insolitamente ed in maniera straordinaria le nostre statue più antiche nei luoghi della nostra città.

A memoria d'uomo la nostra Mamma Addolorata e il Cristo Morto è la prima volta che, fuori dalle nicchie, attraversano le strade di Taranto in un periodo diverso dalla Settimana Santa e lo fanno per essere accolte nei loro luoghi d'origine dalla gente della città bimare. 

Nella prima mattinata vengono sistemate sapientemente, non si smetterà mai di dirlo, di scriverlo e di sottolinearlo, sapientemente, perchè sapienti sono le mani dei collaboratori,  le due preziose statue all'interno della Cappella San Leonardo del Castello Aragonese. 

E' una meravigliosa veglia al Cristo Morto che viene devotamente fatta dalla sua Mamma che lo guarda amorevolmente ma anche dai Confratelli in abito di rito che, silenti, scortano i loro simulacri più cari.

I fedeli in transito sono rapiti, una preghiera, un pensiero per chi soffre, una lacrima solca il volto delle donne, le tante donne sofferenti della nostra città, l'ambiente è meticolosamente curato in ogni particolare e, dunque, risulta proprio difficile non emozionarsi.

Nel primo pomeriggio iniziano ad affluire per rendere deferente omaggio alle Statue le tante confraternite, più di venticinque, giunte da tutta la Puglia ed è bellissimo incontrarsi con tanti amici, tanti confratelli, gli amici di sempre e quelli che, paradossalmente, riesci ad incontrare solo in Settimana Santa ma che oggi non hanno voluto perdere questo importante appuntamento con la storia, perchè di storia si tratta.

La processione muove dalla città vecchia dove tutto nacque, sono più di 500 i confratelli che solcano le strade sino al borgo umbertino, volti storici, su cui si legge palpabile la commozione, si notano sotto le sdanghe e, con un mezzo passetto "esperto",  vengono accompagnati i Simulacri sino a casa loro, nella loro piazza, dove la messa solenne celebrata dal nostro Padre Spirituale Mons. Marco Gerardo suggella la giornata, ripeto, più emozionante dell'anno per il nostro Sodalizio.

Un evento al quale potremo dire di aver partecipato e per il quale dobbiamo tutta la nostra riconoscenza al Priore a Don Marco, al Segretario e a tutti i collaboratori, il cui sforzo è stato encomiabile e faticoso e grazie ai quali la nostra Arciconfraternita per mille aspetti rimase sempre e per sempre il DECORO DEL CARMELO !


mercoledì 11 giugno 2014

La seconda giornata del Torneo.

Salvatore Pace


In un'afosa serata di metà giugno, con un caldo veramente inusuale, ieri sera si è svolta la seconda giornata del Torneo di calcio a sette dedicato alla nostra Titolare.

Seconda giornata che, per motivi legati ad esigenze inderogabili , ha visto anticipare gli incontri della quarta giornata che vedrà disputare, invece, il 2 luglio gli incontri che dovevano giocarsi ieri.

Il primo incontro alle ore 20 e 30 ha visto l'esordio della compagine dei novizi, la "San Simone Stock" del mister contrapposta ai "Serrachiese" di Mister Bergami in maglia verde.

Bella partita sul serio, i novizi con tutto il loro entusiasmo hanno impegnato i "Serrachiese" in un serrato match che alla fine ha visto soccombere i verdi con il risultato di 4 a 2 .

Partita veramente spettacolare che ha visto rimontare i Blues di Peppe Carucci dallo 0-2 al 4-2, complimenti novizi !

La seconda partita della serata, alle 21 e 30, ha visto di fronte gli "Addolorata" di Umberto Lanzalonga contro i "Troccola" di Domenico Francischiello.


Quelle che all'atto del sorteggio parevano le due squadre favorite hanno dato vita ad un incontro tutto cuore.

Da segnalare, per quanto riguarda la "Troccola", le assenze pesanti dei due bomber Bruno e Montervino, quest'ultimo infortunato e ne avrà per parecchio tempo, che hanno segnato inevitabilmente le sorti della spettacolarità del match clou della giornata.

I bianchi, da sottolineare  in otto , hanno tenuto testa agli all blacks sino all'errore fatale di un volenteroso Pace che con un disimpegno sbagliato ha lanciato gli avversari verso il definitivo 3 a 2 proprio a metà della ripresa.

Un'altra bella serata all'insegna dei valori sportivi, coronata da una cornice di pubblico festante, da sottolineare i fedelissimi della Gradinata, capitanati da Mary Porzia, tutto come al solito e con la sapiente supervisione del padrone di casa, l'ariete Latartara, lontano dai campi quest'anno solo per qualche acciacco fisico ma, ne siamo sicuri, spiritualmente in campo con i suoi Confratelli.

Alla prossima .

martedì 10 giugno 2014

San Simone Stock: Padre e Guida dell' Ordine Carmelitano

Mattia Giorno 
“A Bordeaux nella Guascogna, in Francia, beato Simone Stock, sacerdote, che fu dapprima eremita in Inghilterra e, entrato poi nell’ordine dei Carmelitani, ne fu in seguito mirabile guida, divenendo celebre per la sua singolare devozione verso la Vergine Maria.”
Così recita il Martirologio Romano su San Simone Stock, guida e riferimento del nostro ordine Carmelitano. A lui, un religioso inglese dalle incerte fonti, dobbiamo far riferimento con occhio di ammirazione e di devozione, come membri di una confraternita Carmelitana.


Simone Stock, nato probabilmente a Aylesford nel 1165, fu un uomo di fede, appartenente all’Ordine Carmelitano, del quale ne fu anche Priore generale. Come riportato in molte fonti, la sua biografia è l’estratto di una serie di notizie, molte delle quali desunte da leggende. La tradizione vuole che il suo stesso cognome, Stock, gli sia stato attribuito per aver vissuto come eremita sotto il tronco di una quercia, prima di divenire pellegrino e membro dell’ordine del Carmelo.

Dopo aver fatto approvare la nuova regola dell’ordine Carmelitano da Papa Innocenzo IV, ed aver fatto concedere all’ordine protezione dallo stesso, San Simone lavorò per una sua diffusione, dapprima in Inghilterra e successivamente nell’Europa continentale. Portò avanti questa missione sino a quando, nel 1265, durante una visita al convento carmelitano di Bordeaux, il Santo morì.

Il culto verso San Simone si sviluppò particolarmente verso il XV secolo, quando alla figura del religioso inglese furono attribuite delle storie riguardo l’apparizione della Vergine Maria. Ella si mostrò in tutta la sua maestà verso quest’uomo di nome Simone, porgendoli uno scapolare e pronunciando tali parole: “Questo è il privilegio per te e per i tuoi: chiunque morirà rivestendolo, sarà salvo.”

A seguito dell’attribuzione della suddetta apparizione, la figura di San Simone fu posta al centro di una forte devozione, affiancata a quella per lo scapolare donato.

Un importante dato, che è prova di tutto ciò, fu il continuo riprodursi di immagini pittoresche raffiguranti la concessione dello scapolare. Oggi ne è ancora testimonianza la presenza di immagini sacre, con la Vergine e lo scapolare, in tutte le chiese carmelitane, popolate da uomini e donne profondamente devoti a Maria ed al suo sacro simbolo carmelitano.

A San Simone in realtà va anche attribuita la composizione del celebre “Flos Carmeli”, un magnifico inno che esalta la figura della Beata Vergine del Carmelo.

“Fior del Carmelo, vite fiorente, splendor del cielo, tu solamente sei Vergin Madre.” Queste le splendide parole rivolte dal Santo alla nostra Madre amata. Spesso abbiamo udito queste parole in un canto, e spesso queste parole hanno dato vita a delle emozioni inspiegabili, segnando sempre più la nostra vicinanza a San Simone ed alla Beata Vergine.

Proprio lui, San Simone, che tanto devoto era alla Vergine da ricevere il privilegio di vederla ed essere il tramite per un dono così ricolmo di amore, deve essere per noi come la figura di una saggia guida. A lui i nostri antichi sodalizi devono molto, specie per quando si fece carico della battaglia per non far sopprimere così importante ed antico ordine.


La sua memoria fu fissata per il 16 maggio, poi cancellata dal Concilio Vaticano II, ed infine riammessa al calendario liturgico. Come invece una descrizione dell’apparizione della Vergine al Santo riporta la data del 16 luglio 1251, fu introdotto nel calendario, come ben sappiamo, il festeggiamento di Maria Ss. del Carmine per il 16 luglio di ogni anno.

Grande festa per tutto l’ordine ed anche per noi, che godiamo di questo grande privilegio, tramandatoci grazie alla figura di San Simone Stock, un uomo mite, che con la sua preghiera e la sua devozione ha ampliato un ordine secolare già perno di evangelizzazione. A lui ed alla Vergine del Carmelo tutta la devozione del nostro amato sodalizio. A lui la memoria di così grande composizione religiosa e di così grande testimonianza di fede. Decor.

lunedì 9 giugno 2014

Una grande famiglia nel nome di Maria

Luciachiara Palumbo

Sette ore di convivenza forzata in un luogo piccolo come un autobus ci hanno regalato momenti unici e irripetibili.

Il mio più grande desiderio, ogni qual volta in questi tre anni ho viaggiato con la Confraternita, è sempre stato che mia madre, mio padre e mio fratello potessero essere con me per assaporare quel fantastico clima di amicizia e di armonia che lega noi confratelli e consorelle.

Quest'anno la mia dolce Mamma Addolorata mi ha fatto questo enorme dono, nel suo nome ci ha riuniti tutti e dico tutti attorno a lei. Tornata a casa, distrutta dopo due giorni di corri corri, i miei genitori avevano il sorriso sulle labbra e mi hanno detto: "Era esattamente come tu ci dicevi".

Tante volte avevo provato a descrivere le risate, gli scherzi, la simpatia ed il carattere di molti e loro mi avevano ascoltato in silenzio forse desiderando in cuor loro di poter un giorno partecipare di questa allegria.

Eravamo tutti lì, seduti anche in maniera scomoda a chiacchierare ora con l'uno ora con l'altro, cercando di conoscerci e raccontandoci tradizioni e abitudini legate alle nostre famiglie. Ma non poteva il nostro volto,ogni tanto, anzi direi molto spesso, girarsi indietro per assicurarsi che Lei, l'amore che ci unisce, la

Mamma ci stesse seguendo in quel camioncino blu, in quel sicuro riparo.

L'attenzione rivolta dai confratelli e soprattutto dal Priore al Simulacro, ha dimostrato non solo l'enorme responsabilità che si sono assunti e la preoccupazione per uno stralcio di storia nelle loro mani, ma anche quell'indissolubile e fortissimo legame di amore che li unisce uno a uno al dolore di Maria, Madre di Gesù e Madre di ognuno di noi.

Sono state ore di gioia, ore di condivisione e di crescita. In prima persona penso di aver imparato molto da questa esperienza unica ed irripetibile che ci ha coinvolti.


Vorrei che i nostri occhi fossero sempre puntati sul cuore trafitto della Vergine, perché solo il Suo dolore può guarire il nostro, solo le sue lacrime possono asciugare il nostro pianto, solo il suo manto può avvolgerci nella paura, nella disperazione e può proteggerci e salvarci. Mamma Addolorata guarda questa grande famiglia riunita nel tuo amore e mantienila salda nella fede in Gesù Cristo, tuo Figlio…

domenica 8 giugno 2014

“La povertà di comunione è lo scandalo più grande…” - Le parole di Papa Francesco

Antonello Battista 

La bontà e l’umanità di Papa Francesco hanno conquistato il cuore di tutti i cattolici e del mondo intero, le sue parole sono sempre fonte di speranza e di riconciliazione con la buona novella del Signore.

Le parole pronunciate dal Papa lo scorso 19 Maggio, in occasione dell’apertura dei lavori dell’assemblea della CEI, oltre ad essere un avvenimento insolito, poiché è stato il Pontefice stesso a preparare il discorso d’apertura, sono state simbolicamente l’emblema dell’umiltà del Santo Padre, vescovo tra i vescovi, pastore tra i pastori. Sin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha sottolineato la funzione pastorale del suo ministero, presentandosi a tutto il mondo dalla loggia centrale di S. Pietro, come il vescovo di Roma venuto dall’altra parte del mondo e quindi questa sua prolusione all’annuale assemblea dei suoi fratelli pastori italiani, è un gesto che ancor di più mette in evidenza il suo episcopato romano.

Il Santo Padre per l’occasione ha esortato la Chiesa a fuggire le divisioni ed a sentirsi corpo unico in Cristo unica via e meta della sua missione evangelizzatrice. Francesco ha per l’appunto affermato:

"La povertà di comunione è lo scandalo più grande. La divisione deturpa il volto della Chiesa…. Come pastori dobbiamo fuggire la tentazione, la gestione personalistica del tempo, le chiacchiere che diventano bugie, la durezza di chi giudica...il rodersi della gelosia, l'invidia. Quanto è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso", il Papa ha anche esortato i fratelli ad fuggire il "ripiegamento di chi va cercare nel passato le certezze perdute ", e ancora, l'atteggiamento di chi "vorrebbe difendere l'unità umiliando la diversità".

Queste parole proferite di fronte ai vescovi, ma rivolte a tutti noi, non possono restare inascoltate da noi cristiani e soprattutto da noi confratelli, membra vive del corpo laico della Chiesa, poiché sono da sempre state le divisioni la causa di tutti gli eventi più nefasti per la Chiesa Cattolica e per le nostre comunità laicali. È nella divisione che il demonio pianta il suo seme e induce l’uomo al peccato, alla discordia col fratello, al risentimento e finanche alla lotta ed al litigio.

Un cristiano, soprattutto se rappresentante delle istituzioni ecclesiastiche non può volere il male del fratello, ma deve vedere sempre nel suo volto, quello del Cristo, non può preferire il ritorno personale al bene delle Chiesa, unica erede del messaggio di salvezza lasciatoci da nostro Signore Gesù Cristo.

Le parole del Papa ma soprattutto il suo esempio sono sempre più per tutti noi cattolici, motivo di vera gioia e rivalsa per i più umili, riportati di nuovo al centro della missione della Chiesa su questa terra, tutto ciò non dovremmo mai dimenticarlo; il Papa non smette mai di ripetere che al centro della nostra vita deve esserci il Vangelo, ed il Vangelo è Cristo, e Cristo è nei poveri e nei più deboli, il resto è solo un paradosso e noi dovremmo scrollarci di dosso tutto ciò che non ci porta alla vera vita in Cristo ed alla sua contemplazione

giovedì 5 giugno 2014

Giornata inaugurale torneo "Maria SS del Monte Carmelo" edizione 2014

Salvatore Pace


Davanti ad un pubblico numeroso, festoso e partecipante, mercoledì 4 giugno ha preso il via, presso i campi della NEW FARO SPORT a San Vito, l'edizione 2014 del consueto torneo "Maria SS del Monte Carmelo".

Alle 20.30 il simbolico calcio d'inizio della manifestazione è stato dato dal Priore che, dopo la preghiera alla Beata Vergine, ha "catechizzato" i partecipanti tutti, chiedendo rispetto e fratellanza anche nell'agonismo che, seppur non deve mancare, deve rimanere ristretto nei canoni di correttezza e decoro che fanno parte della nostro Sodalizio, anche su un campo erboso.

Il meritato plauso del Priore è andato agli organizzatori del torneo i cerimonieri Fernando Conte ed Antonio Quazzico, instancabili, presenti ed attenti in ogni fase da quella organizzativa a quella logistica, il grazie di tutto il Sodalizio va a loro.

Il primo incontro, che ha visto contrapposte la compagine "Addolorata" del mister Lanzalonga e quella "Decor" del mister D'andria è terminato sul punteggio di 2 a 0 per gli "all blacks" di Lanzalonga e del presidente onorario Saracino, che ha spronato e incitato i suoi uomini non risparmiandosi neanche un secondo.

Le marcature, entrambe del confratello Michele Albano, sono giunte nella ripresa dopo un primo tempo equilibrato e combattuto in cui il direttore di gara ha avuto il suo bel da fare.

Il secondo match ha visto contrapposte la squadra "Troccola" del coach Francischiello e quella "Serrachiese" del mister Bergami, veterano dei campi di calcio, allenatore di provata esperienza.

La maturità del modulo tattico dei verdi "Serrachiese" ha infatti, alla lunga, avuto la meglio sulla giovane compagine della "Troccola", 4 a 2 il punteggio, maturato negli ultimi minuti della ripresa dopo un 2 a 2 combattuto per quasi tutto l'incontro.

Per la "Troccola" doppietta di Bruno che nel primo tempo portava la sua formazione per due volte in vantaggio dopo il momentaneo pareggio di Magno, nel secondo tempo i verdi di Bergami dilagavano con i gol di Maffeo e di Magno che, quasi a tempo scaduto, siglava la sua tripletta personale per il definitivo 4 a 2 .

La settimana prossima sarà la volta della squadra dei novizi che questo turno ha osservato il torneo dall'esterno per la sua giornata di riposo. 


Una bella serata di sport per l'inizio del nostro torneo.

Foto: Davide D'andria 

mercoledì 4 giugno 2014

Ave verum Corpus!

Valeria Malknecht
Dall'Oratorio Quaresimale del 12/4/2014

« Ave, o vero corpo, nato da Maria Vergine, che veramente patì e fu immolato sulla croce per l'uomo, dal cui fianco squarciato sgorgarono acqua e sangue: fa' che noi possiamo gustarti nella prova suprema della morte. O Gesù dolce, o Gesù pio, o Gesù figlio di Maria. Pietà di me. Amen. » 


Forse non ci facciamo più caso, perchè compiere questo gesto fa parte ormai dei nostri gesti quotidiani, ma quando desideriamo pregare, ovunque noi siamo, la prima cosa che ci viene in mente di fare è il segno della croce. Allo stesso modo, quando entriamo in una Chiesa ci viene quasi spontaneo individuare dove è posto il tabernacolo per genufletterci o chinare il capo nella sua direzione. Il segno della croce e la genuflessione sono i gesti con i quali esprimiamo il nostro saluto al Signore; sono proprio la materializzazione di quelle così semplici quanto belle parole con cui inizia il brano di Mozart che fra poco ascolteremo: “Ave o vero corpo”. E se siamo attenti, ci accorgiamo che quest’incipit è molto simile a quello della preghiera con cui ci rivolgiamo a Maria “Ave o Maria”.

Questa volta, però, il nostro gesto e le nostre parole di saluto sono rivolte a Gesù, presente e vivo in mezzo a noi sempre, in ogni momento, attraverso il Sacramento dell’Eucarestia.
A volte ci facciamo “distrarre” dalle statue, dalla bellezza architettonica di una chiesa, da come è fatto l’altare o dalla maestosità dell’organo…ma questi mattoni, questi marmi e questi tappeti altro non sono che i custodi materiali di quel SS. Sacramento.
I custodi veri e propri di questo mistero, però, siamo noi. Noi che ci muoviamo in adorazione verso di Lui e lo contempliamo.
E specie in questi giorni così prossimi alla Nostra amata Settimana Santa, non possiamo correre il rischio di spostare l’attenzione su altro.

Non a caso il pellegrinaggio dei nostri confratelli verso gli altari della reposizione, meglio conosciuti come Sepolcri che Giovedì prossimo troveremo allestiti in ogni chiesa, ci ricorderà che Settimana Santa significa anche adorare il SS. Sacramento. Ci ricorderà che quel cammino a piedi scalzi, a volto coperto e con un bordone in mano simboleggia il percorso di fede del pellegrino penitente e che vedrà la meta del suo viaggio nell’adorazione dell’eucarestia. È il fulcro del nostro credo, punto di partenza e di arrivo delle nostre richieste di aiuto e dei nostri grazie. Il mistero dell’incarnazione trova il suo completamento nel mistero dell’eucarestia. E l’anello che li congiunge è la Passione di Gesù.

“… veramente patì e fu immolato sulla croce per l'uomo…”.

Gesù si fa dono sulla croce per noi: siamo noi la causa dei suoi flagelli e del dolore procurato da quelle spine. Siamo noi il peso del legno della croce che porta sulle sue spalle. Siamo noi la causa, infine, delle lacrime di Maria. Eppure siamo amati a tal punto che Gesù da quella stessa croce ci considera addirittura suoi fratelli tanto da donarci sua madre “… ecco tua madre … ecco tuo figlio”. Questo tabernacolo è la prova tangibile della promessa che il Signore ci ha fatto di essere sempre con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Non stanchiamoci di rivolgere il nostro saluto, il nostro Ave Verum Corpus, al Signore Sacramentato e giovedì prossimo, mentre saremo rapiti dalle caratteristiche movenze dei confratelli, non dimentichiamoci di essere, al loro pari, pellegrini penitenti in rispettosa adorazione e preghiera.


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