martedì 30 settembre 2014

1974


Claudio Capraro

Quarant’anni fa: dove eravamo? Cosa facevamo nel 1974? Cosa accadeva in Italia e nel mondo in quell’anno? E cosa nella nostra città? Tanto per citare alcuni degli eventi che più potranno colpire la nostra memoria, almeno di quelli che c’erano, il 1974 fu l’anno del referendum sul divorzio, delle stragi dell’Italicus e di piazza della Loggia, le brigate rosse sequestravano il giudice Sossi, la Fiat mandava a casa migliaia di dipendenti.

E nella nostra Taranto che accadeva? E più nello specifico quali avvenimenti riguardavano la nostra Confraternita al tempo. Iniziamo un excursus storico attraverso le cronache del quotidiano di Taranto, il Corriere del Giorno, ormai assente dalle nostre edicole, per capire attraverso le pagine ingiallite, come la città viveva negli anni passati gli eventi che più da vicino riguardavano la Confraternita del Carmine e cioè la Settimana Santa e la festa della Titolare.


Partendo dalla domenica delle Palme, vale a dire dal 7 aprile del 1974, leggiamo velocemente che in quei giorni il Ministro del Tesoro annunciava “duri e pesanti sacrifici” per gli italiani, che il Taranto affrontava al Salinella la Reggiana (vincendo 3 a 1, arbitro Casarin), che al cinema proiettavano i film di Bud Spencer e Terence Hill o in alternativa Jesus Christ Superstar. Un articoletto, poi, annunciava che si entrava in quel giorno del vivo delle tradizioni della Settimana Santa e che in serata, all’imbrunire, gli iscritti delle due maggiori confraternite cittadine, si sarebbero riuniti nelle proprie chiese di appartenenza per dar vita alle “gare”. Quindi quella sera, nella chiesa del Carmine si riunì l’assemblea straordinaria degli iscritti; priore l’avvocato Cosimo Solito, Padre Spirituale Mons. Luigi Liuzzi. Ancora qualche anno e l’Arcivescovo Motolese avrebbe vietato che la gara si svolgesse in chiesa.

Ma come andò quella gara? Cosa riportava il giorno dopo, il lunedì Santo, il Corriere del Giorno. In realtà, a differenza di oggi, in prima pagina nessun titolo parlava di quanto accaduto il giorno precedente. Bisognava andare nelle pagine di cronaca per trovare il breve pezzo di commento che nel titolo (Sdanghe da capogiro, flessione per i Misteri) riassumeva un incremento delle offerte per il pellegrinaggio dell’Addolorata e di contro, invece, una diminuzione del totale delle offerte per la processione dei Misteri. Senza entrare nel dettaglio delle licitazioni effettuate per i simboli e per le statue, diciamo che il totale delle entrate fu di circa 3 milioni di lire in meno rispetto all’anno precedente. Tra le note di “colore” il fatto che dopo tanti anni di aggiudicazione del Gonfalone da parte di “Zi Catavete”, al secolo Cataldo Russo, a cifre modeste ( anche 2.500 lire) quell’anno fu aggiudicato per circa mezzo milione ad altro confratello.

La parte dell’articolo che invece colpisce è quella relativa ai commenti, anche da parte di alcuni degli stessi confratelli oltre che del cronista, riguardo le cifre spese (ritenute “sproporzionate e spropositate rispetto all’importanza dell’avvenimento”) ed i metodi di aggiudicazione, con proposte e lamentele. Offerte in busta chiusa, oppure non permettere agli ultimi aggiudicatari di gareggiare gli anni immediatamente successivi per quello stesso simbolo. Dibattito che periodicamente, vedremo, ritornerà fino ai giorni immediatamente trascorsi. Che Giovambattista Vico, fosse tarantino?

Nei giorni fino al giovedì Santo, il Corriere ci racconta di gastronomia pasquale e della visita dell’Arcivescovo Motolese presso gli uffici del Commissariato Marina Militare per il precetto Pasquale. Nel numero di giovedì Santo 11 aprile, invece si annunciano gli appuntamenti che dalle tre del pomeriggio coinvolgeranno tutta la città, appuntamenti immutati nei secoli: il pellegrinaggio delle poste di “perdune”, la Messa in Coena Domini e la lavanda dei piedi, la processione del Santissimo in piazza Carmine (così definita e non Giovanni XXIII) con il priore della Confraternita a reggere l’ombrellino. In mattinata, in Concattedrale, la messa in Crismalis, e nel pomeriggio in Duomo, sempre l’Arcivescovo avrebbe presieduto la Messa in Coena Domini. A mezzanotte l’uscita dalla chiesa di San Domenica del pellegrinaggio della Beata Vergine Addolorata. Un articolo in tutto e per tutto a quello che leggiamo – gettando un occhio alla mozzetta appesa a prendere aria - ogni giovedì Santo, che non ci dice nulla di ciò che già non sappiamo, ma che ci fa caricare a mille l’adrenalina. Ma leggendo meglio, cogliamo alcuni aspetti insoliti: per il pellegrinaggio della Vergine Addolorata, il cronista si auspica che possa ricomparire in piazza Fontana il grande falò; chissà se al tempo le birre e i panini con la salsiccia facevano già parte del panorama. Altro particolare importante, sempre a proposito del pellegrinaggio dell’Addolorata il percorso che né all’andata, né al ritorno passava da piazza Carmine e cioè davanti alla chiesa omonima. Passato il ponte girevole, percorreva via Archita (immagino via Matteotti), via Margherita, via D’Aquino e piazza Immacolata. Al ritorno, dopo la stessa piazza, via Berardi, via Anfiteatro, via Cavour, via D’Aquino e ponte girevole. Insomma la chiesa del Carmine, a leggere questo pezzo, veniva solo sfiorata lateralmente. Il percorso della processione dei Misteri, invece, era in tutto e per tutto uguale a quello attuale.

Dalle cronache del giorno successivo, apprendiamo come quel giovedì Santo fu freddo e piovoso tanto che le prime poste (di città e di campagna) dovettero ritardare la loro uscita. Molto accattivante la cronaca (anonimo il cronista) che riportando nomi e situazioni ci fa immaginare quasi di essere all’angolo della Sem, dove “il maestro Lemma (mestre Mingucce – ndr) ha estasiato gli astanti con un “A Vittorio Emanuele” che era una pittura”.

Dopo una notte di freddo e pioggia il venerdì Santo, inaspettato, apparve il sole ed il caldo anche cocente rallentò il passo dei confratelli dell’Addolorata che fecero rientro a San Domenico con circa due ore di ritardo.

Riguardo la processione dei Misteri, si sottolinea la presenza di tanta gente, di molti turisti, di parecchi bambini e, con grande enfasi, addirittura della TV (quale? La Rai o una delle prime emittenti libere?). Viene riportato un particolare definito “patetico” (sic): “il cav. Luigi Pignatelli, anche quest’anno aggiudicatario delle ambitissime sdanghe di Gesù Morto, non indosserà dopo circa un trentennio l’abito di rito. In sua vece, saranno due dei suoi figli a reggere il peso della statua del Cristo. E la tradizione, ancora una volta, sarà interamente rispettata”.

Nella cronaca del giorno successivo si racconta che la processione radunata in piazza Carmine alle 5 (!) faceva rientro in chiesa avvolta da un fitto manto di nebbia. Nei commenti “finali” si possono leggere critiche ad alcuni atteggiamenti della folla dei fedeli, o nei confronti di alcuni portatori che masticavano chewing gum mentre erano sotto le statue. Si sottolineava negativamente la vendita di palloncini e frutta secca come se fosse una sagra paesana ed il fatto che i turisti non avessero alcun tipo di assistenza e di informazione e fossero lasciati a se stessi. Il pezzo continuava su come, altrove, il turismo religioso avesse una importanza notevole, mentre qui a Taranto non si riuscissero a sfruttare adeguatamente i riti della settimana Santa. Si chiudeva, e come poteva essere altrimenti, con una severa critica alle somme spese la domenica delle Palme per l’aggiudicazione dei simboli delle due processioni. Tanto convinto delle sue tesi, l’autore, che il pezzo della domenica delle Palme del 1975 e cioè dell’anno successivo (era il 23 di marzo), con il quale si annunciava l’inizio della settimana Santa, era pari pari quello di commento di chiusura del 1974!

Passata Pasqua, giusto qualche giorno di “assestamento” e poi si comincia a lavorare per la festa della Titolare. Cosa accadeva a Taranto quel 16 luglio di quarant’anni fa? Era stato nominato Provveditore agli Studi il prof. Angelo Vincenzo Curci, già Sindaco di Taranto, una notizia riportava con un certo scalpore che all’Istituto Nitti per gli esami di maturità era stata discussa una tesina che aveva come argomento la “droga”, la malavita si prendeva a pistolettate nei pressi del Cimitero, alla salita San Martino tre famiglie venivano fatte sgomberare perché lo stabile era pericolante e all’arena Corallo in piazza Ramellini un terribile fatto di cronaca aveva turbato tutta la città: una bottiglia lanciata dall’alto aveva colpito, uccidendolo, un bimbo che era con i genitori a guardare il film.

Venendo a noi, apprendiamo che nella mattinata del 16 luglio erano stati aggregati al Sodalizio circa 30 nuovi confratelli; l’articolo parla più esattamente di “una trentina di giovani” e non ci lascia intendere se si trattasse sia di donne che di uomini o se nel 1974 i novizi erano solo uomini e non c’era nessuna nuova consorella. Nel pomeriggio poi la grande processione preceduta, molti lo ricorderanno per tanti altri sarà una cosa mai sentita, dalla gara per l’aggiudicazione delle sdanghe della Titolare. Lo stesso articolo definisce questa gara come “particolarmente insolita”, e riporta che si sono contesero l’onore di poter portare la Vergine diversi gruppi; al termine ha prevalso “un aggiudicatario che insieme ad altri sette, reggerà le sdanghe”. Anche qui non è chiaro se questi otto fossero, tra sdanghe e forcelle, un unico gruppo che avrebbe retto la statua per tutta la durata della processione, oppure fossero due squadre “a sdanghe” e poi le forcelle venivano scelte con altro criterio. Chi ha vissuto direttamente quegli anni potrà aiutarci a chiarire.

Sensazioni di un Novizio



Simone Russo

Entrare nelle nostre amate confraternite è da sempre un momento importantissimo ed emozionantissimo per chiunque faccia questa scelta. 

Del cosiddetto noviziato entrano a far parte sia nella confraternita dell’Addolorata che in quella del Carmine uomini e donne di tutte le età, ma nonostante le differenze anagrafiche tutti siamo accomunati dagli stessi sentimenti che acquistano sfumature particolari in ognuno di noi. 

Da sempre esiste una disputa destinata forse a rimanere aperta per sempre e che divide i confratelli in due categorie: da una parte i fedelissimi, che si legano ad uno solo dei due sodalizi, dall’altra chi decide di legarsi ad entrambi. 

La mia decisione di appartenere alla confraternita del Carmine nasce non solo da una passione per i nostri amati e preziosi Riti della Settimana Santa, ma anche da una voglia di consolidare a vita l’attaccamento alla mia parrocchia, nella quale ho tutti i migliori ricordi legati all’infanzia. 

Realizzato questo sogno il 16 Luglio 2013, ho sentito però che mi mancava ancora qualcosa, avevo bisogno di sentirmi parte anche di quell’altra realtà che apparentemente aveva avuto un ruolo marginale nella mia vita di cristiano e di appassionato della nostra pietà popolare.

Presa la decisione di lanciarmi in questa nuova esperienza, cominciava l’attesa e si faceva più forte la curiosità di sapere di come avrei vissuto questo secondo noviziato, arrivando a farmi porre le domande più disparate: Sarà diverso? Sarà lo stesso? Lo vivrò con la stessa intensità? Saprò poi dedicare il giusto tempo ad entrambe le confraternite? Tutte queste domande hanno trovato risposta con il tempo, tutte le preoccupazioni sono come di incanto svanite quando ho cominciato a frequentare quell’ambiente meraviglioso custodito nel cuore della città vecchia a pochi passi dal luogo dove il mio bisnonno aveva la sua bottega.

 Dopo quasi un anno di preparazione il 15 Settembre 2014 le cose erano cambiate e molto, avevo stretto nuovi legami di amicizia fraterna e avevo consolidato quelli vecchi, l’emozione era palpabile sull’oratorio, eravamo tutti tesissimi e molto emozionati con le fronti bagnate dal sudore e con l’impazienza di scendere stringendo quel fagotto che i collaboratori avevano sistemato con cura piegando la mozzetta, sistemandoci sopra il cappello e adagiando il tutto sulle nostre braccia. 

Entrando in Chiesa lo sguardo è inevitabilmente rivolto a Lei che con il suo dolore ci invita a farci forza anche nei momenti più bui della nostra vita, un inchino dinnanzi all’altare e poi a sedere pronti a pronunciare la nostra promessa con voce decisa ed unanime e finalmente ad indossare quella mozzetta nera tanto attesa e desiderata. 

Quando tutto è terminato non restano che gli abbracci fraterni gli auguri e la bellezza di una sensazione di felicità talmente forte da farmi rivedere tutto ciò che avevo vissuto in quell’anno che tutto sommato era volato. 

Tirando le somme posso dirmi orgoglioso di far parte di queste splendide realtà confraternali, che in due anni circa mi hanno dato la possibilità di crescere sia come persona che come cristiano e che mi auguro possano continuare a farlo anche in futuro, perché dal punto di vista degli affetti e dello spirito non si finisce mai di crescere.


domenica 28 settembre 2014

Padre Lorenzo Cervellera



Salvatore Pace

Ci sono determinati sentimenti nell'animo umano dei quali, probabilmente, noi ignoriamo l'origine ma che sono presenti nel nostro DNA per i più svariati motivi.


Un prozio di mio padre, fu Carmelitano, devoto allo Scapolare benedetto per tutta la sua vita e passò la sua vita monastica nella Basilica Santuario della Madonna del Carmine di Napoli, uno dei più antichi ed importanti monumenti eretti a devozione della Mamma del Carmine, risalente, addirittura al XIII Secolo.

Padre Lorenzo Cervellera fu a cavallo degli anni 40 e 60 una personalità viva e brillante nella vita religiosa e sociale della città di Napoli, allora indiscussa capitale culturale della nostra Italia e assunse in quegli anni l'incarico i padre spirituale degli artisti del Teatro San Carlo di Napoli e di tutti gli artisti che transitavano nel variegato "mercato" dell'arte che era la città Partenopea.

A tutti questi artisti egli chiese "dazio" facendoli "nascere" nell'amore verso il benedetto scapolare e verso la Madonna Bruna, la Mamma del Carmelo.

Beniamino Gigli cantò in occasione delle 40 ore il 6 gennaio del 1952, quando in una chiesa del Carmine allora disastrata a causa delle ferite della recente Guerra, l'usignolo di Recanati volle regalare alla Madonna del Carmine una sua meravigliosa interpretazione.

All'ombra dei maestosi organi della basilica, Padre Lorenzo, da amante della lirica, riuscì a far esibire, Renata Tebaldi, Mario del Monaco, Caruso, Tito Schipa ed un giovanissimo Luciano Pavarotti, tanto per fare alcuni nomi.

Crebbe e visse nell'amore per l'abitino e per l'arte che egli amò sempre, facendola strumento per arrivare ed elevarsi nel nome della Madonna del Carmine.

La sua opera del 1972 MILLE ARTISTI NEL CARMINE DI NAPOLI è una raccolta meravigliosa di testimonianze sacre e profane di una vita spesa nell'amore per la Vergine del Carmelo e nell'arte intesa come veicolo di diffusione della Fede verso l'abitino e verso il credo del Privilegio Sabatino.  

Credo allora che lo smisurato amore che nutro oggi per il nostro Scapolare sia, infondo, un amore tramandatomi misteriosamente da questo mio trisavolo sconosciuto che con mio padre ebbe un fortissimo legame affettivo e che, forse, oggi da lassù vedendomi indossare camice e mozzetta da lassù mi carezza il capo benevolente,

mercoledì 24 settembre 2014

Guadagnare un fratello: la forza prorompente dell’amore di Cristo.

Antonello Battista

Leggendo ed ascoltando le letture ed il Vangelo della Domenica XXIII del Tempo Ordinario, mi son subito venute in mente alcune riflessioni che mi fa piacere condividere coi miei gentili lettori di Nazzecanne.

Il brano del Vangelo (18, 15-20), dell’evangelista Matteo, tratta della correzione discreta del fratello:

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:


«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.

In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.»”

Il messaggio evangelico di questo passo, è a mio parere dirompente e moderno, tanto da sembrare quasi rivoluzionario, difatti la bellezza del Vangelo sta nella sua attualità nonostante i due millenni trascorsi.

In una società moderna sempre più secolarizzata ed in preda ad un nuovo paganesimo dilagante, unica roccia di salvezza continua ad essere sempre Nostro Signore Gesù Cristo e le sue parole che ci parlano al cuore indirizzando i nostri passi ed i nostri pensieri verso la Via della redenzione che solo lui è capace di mostrarci.


Analizzando nel concreto il brano preso in esame ci si rende conto di quanto nella vita di tutti i giorni sia difficile attuare la buona novella, ma è compito del cristiano spendere tutte le proprie forze affinché la sua esistenza sia il più possibile conforme agli insegnamenti di Cristo. Credo sia davvero improbabile trovare al giorno d’oggi qualcuno che nella correzione fraterna applichi la discrezione e tenga tra sé ed il fratello la circostanza dell’ammonimento, ma soprattutto credo che sia ancora più difficile trovare vero disinteresse ed amore verso il prossimo quando si ammonisce qualcuno.

È Gesù stesso che ci indica la maniera giusta per la corretta correzione fraterna, prima in privato, e qualora il fratello non dovesse ascoltare, correggerlo alla presenza di due o tre testimoni e qualora ancora non ascoltasse la nostra parola, solo allora correggerlo alla presenza della comunità e in conclusione se la ascolterà avremo riguadagnato il nostro fratello.

Quanta verità in questo messaggio, quanta attualità in un così antico pensiero! E quanto inascoltata rimane questa parola tra noi uomini “moderni”: la filosofia dello “sbatti il mostro in prima pagina”, la demolizione della dignità altrui, la presunzione di infallibilità e l’ipocrisia del perbenismo, sono diventati i capisaldi di una società, la nostra, che sembra in preda all’autodistruzione morale ed etica.

Gli innumerevoli problemi socioeconomici che il Mondo, l’Europa, l’Italia e la nostra città stanno affrontando sembrano far aumentare l’alienazione dell’uomo, scatenando un tutti contro tutti per la sopravvivenza, dagli effetti devastanti persino sulla stessa dignità della vita umana.


La soluzione al disfacimento morale, ce la abbiamo a portata di mano da duemila anni, ed è per l’appunto il Vangelo; e se solo a mio parere attuassimo anche l’un percento degli insegnamenti di Nostro Signore, vivremmo in un mondo di gran lunga migliore e lo lasceremmo ai nostri figli di sicuro anche migliore di come l’abbiamo trovato, attuando la vera rivoluzione che secoli di storia dell’uomo non sono mai riusciti ad attuare, ovvero letteralmente “rigirare” questa terra ad immagine del regno dei cieli.

martedì 23 settembre 2014

Bentornato Settembre

Valeria Malknecht

Per molti l’inizio del nuovo anno, il c.d. “capodanno”, cade il primo Gennaio.

Per altri, invece (fra cui me), il primo dell’anno corrisponde al primo di Settembre.

Quando ancora la pelle è ambrata e sa di salsedine, ma è già tempo di rimboccarsi le maniche, tornare ai soliti ritmi frenetici di lavoro e preparare zaini e cartelle che profumano di matite, libri e quaderni nuovi.

C’è, però, una terza prospettiva di “rientro settembrino”.


Il mese di Settembre apre le porte ad un nuovo calendario fitto di appuntamenti con la tradizione.

Fateci caso…gli amanti delle tradizioni tarantine (quelli che, per intenderci, non vivono solo di Settimana Santa) associano quasi ogni mese dell’anno ad una festività liturgica particolare e/o alla relativa processione: Giugno, ad esempio, è il mese della solennità del Corpus Domini; Luglio è il mese della festa della Madonna del Carmelo; Novembre è il mese di Santa Cecilia, quando si inizia già a respirare l’aria del Natale. E così via.

Dunque, arrivato Settembre, quasi a tentare di rendere più digeribile il duro rientro a lavoro o a scuola ci si domanda: quali processioni ci sono questo mese?

Anche i meno esperti sanno che Settembre è un mese davvero “impegnato”, perché è il mese della festività di S. Egidio, della Festa Grande dell’Addolorata e dei S.S. Medici.

Procedendo per ordine di calendario, la prima festa di settembre è quella di Sant’Egidio Maria di San Giuseppe, Santo natio della nostra città e compatrono di Taranto.

In realtà essa addirittura si sdoppia durante l’anno.

Infatti, siamo soliti celebrare la festività del Santo sia a febbraio, nel borgo cittadino presso la chiesa di San Pasquale Baylon, quando ricorre l’anniversario del Suo ritorno al Padre; sia la prima domenica di settembre, al quartiere Tramontone, presso la chiesa al Santo intitolata (la solennità di Sant’Egidio, infatti, cade esattamente il primo di settembre).

E chi è confratello sa bene che per amore e devozione del Santo si tollerano di buon grado sia il rigido clima della processione invernale, sia il torrido caldo estivo della processione settembrina.

Scorrendo i giorni del Calendario, a metà mese, ricorre la solennità della Beata Vergine Maria Addolorata.

Qui a Taranto tale festività liturgica è meglio conosciuta come la Festa Grande di Maria S.S. Addolorata.

Il 15 settembre la Confraternita Maria S.S. Addolorata e San Domenico accoglie i nuovi confratelli e consorelle e, come consuetudine, la terza domenica del mese ha luogo la processione in città vecchia.

Quella di settembre è un’occasione speciale per rivedere per le vie del borgo antico quell’inconfondibile volto di materno dolore che abbiamo lasciato con commozione nella chiesa di San Domenico nella tarda mattinata del Venerdi Santo precedente.

Questa volta l’Addolorata è coronata e vestita di un abito nero tutto ricamato d’oro, proprio come una regina. Ma resta la stessa umile madre dei dolori che nazzeca lungo il caratteristico pendio di San Domenico, accompagnata (stranamente) dal suono delle marce sinfoniche fra centinaia di mozzette nere.

Sul finire di Settembre, invece, quando l’estate è già diventata autunno, c’è una festività a me molto cara: è la solennità dei S.S. Medici Cosma e Damiano, che si celebra il 26 settembre sia in città vecchia presso la chiesa di San Giuseppe, sia nel rione Salinella nella chiesa a Loro intitolata.

Quella dei S.S. Medici di Taranto Vecchia è una festa che mi ricorda la mia nonna paterna che era molto devota ai “ Medici della città vecchia”.

Amo definirla una festa “del popolo”. Sia perché è particolarmente sentita dalla gente, sia perché è legata a dei simboli di devozione carichi di un significato tutto popolare: il tarallo, il fazzoletto che accarezza i Santi, il cero, la vecchia chiesetta nascosta fra i viicoli strettissimi della città.

Dal primo mattino fino a pomeriggio inoltrato i Santi sono portati in processione dai confratelli della Confraternita S.M. di Costantinopoli, ma in realtà ad accompagnarli sono le centinaia di ceri accesi, alcuni davvero enormi, che lungo il percorso precedono le statue.

Ciascun cero simboleggia un voto, una preghiera, una grazia ricevuta.

I segni di questa preghiera restano tangibili sui vestiti, sulle mani e sui piedi (alcuni scalzi) di chi porta il cero. E le lacrime di cera e di sale, che resteranno anche sull’asfalto, saranno sugellate e benedette dal passaggio dei Santi.

Finita la processione in città vecchia, inizia quella organizzata dall’omonima Confraternita nel rione Salinella dove ancora oggi la gente, al passaggio delle statue, usa stendere ai balconi bellissimi tessuti di ogni fattura e colore, ad omaggio dei Santi Medici.


Le belle tradizioni settembrine sono il segno del nostro ricominciare e danno il via ad un “nuovo anno” di appuntamenti che ci porteranno a rincontrarci nelle nostre chiese e lungo le nostre strade.

La nostra pietà popolare, l’altra faccia di una Taranto provata dai mille problemi di questo particolare momento storico, sia più che mai sincero veicolo e tramite delle nostre preghiere alla Vergine Maria Addolorata ed ai Santi a cui ciascuno è devoto, perché essi volgano il loro sguardo sulla nostra città, sui nostri cari, sui nostri malati.

Perciò, buon anno a tutti, Buon nuovo inizio e bentornato Settembre!

lunedì 22 settembre 2014

Come una carezza - alla scoperta di un Dio tenero e misericordioso


Antonino Russo

Il titolo di questo libro di Padre Luciano Cupia va' dritto al cuore del rapporto con il Padre. Dio ci ama con amore paterno e materno allo stesso tempo, ci accarezza, ci abbraccia come raffigura il dipinto di Rembrandt "Ritorno del figliol prodigo" in cui il Padre buono ha una mano da donna e una da uomo.

Sono tanti i momenti in cui nell'Antico Tastamento ci troviamo dinanzi ad un Dio in collera con il suo popolo ma non possiamo non sottolineare i momenti di tenerezza che dalla Genesi in poi sono raccontati nella Bibbia.

Chi è genitore sa che le carezze così come i rimproveri servono a far crescere i propri figli: in questa relazione di figli di Dio, fratelli in Cristo, ci ritroviamo a far crescere la nostra fede, il nostro abbandono nelle braccia del Padre.


Il primo atto della creazione è un soffio delicato con il quale Dio crea ogni cosa:

"Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò" (Gen 1,27).

Il Signore dimostra il suo amore nel donare ad Adamo la donna Eva, a creare l'Eden, a far si che Adamo dia un nome agli esseri viventi.

È già dalle prime pagine della Genesi che sia avverte l'inizio di una grande storia d'amore!

Poi è la volta del perdono di Caino (Gen 3,15) e della salvezza degli esseri viventi attraverso l'arca, contenitore della tenerezza di Dio durante il diluvio (Gen 9,12-16).



La storia d'amore continua con i Patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe: la parola "alleanza" assume il significato più profondo di amore e fedeltà.

Poi è la volta di Mosè che intercede per il suo popolo con una preghiera stupenda: "Vedi, tu mi ordini: Fa' salire questo popolo, ma non mi hai indicato chi manderai con me; eppure mi hai detto: Ti ho conosciuto per nome..." (Es: 33,12-13). Dio si intenerisce, si manifesta a Mosè, perdona e dona le tavole della legge.

L'autore sottolinea magistralmente la tenerezza di Dio nei libri di Samuele, Re, Cronache e ancora Rut, Tobia, Giuditta Ester: storie di affetto tra suocera e nuora

ma anche di una "notte di nozze fuori dall'ordinario" come tra Tobia e Sara (Tb 8,5-7).

Il libro parla poi della bellezza dei Salmi, poesia di Dio: della tenerezza del Buon Pastore nel Salmo 23 (22) o del Salmo 8 che descrive l'uomo che si stupisce come un bimbo nei confronti delle meraviglie del creato.


L'autore parla dei libri Sapienziali, del libro de I Profeti fino ad arrivare al Vangelo.

Nelle pagine del Nuovo Testamento la carezza di Dio è ancora più evidente perché si manifesta nei gesti e nelle parole della Vergine Maria (Lc 1,46-65) e di Gesù con le sue parabole e i suoi miracoli fino ad arrivare al dono dello Spirito Santo e all'ultima carezza di Dio verso l'eterno con il libro dell'Apocalisse.

Pensiamo alla tenerezza del pianto di Gesù davanti al sepolcro di Lazzaro, al rapporto di amicizia che lo legava a Marta e Maria.

"Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19, 23-27): un'ultima carezza di Gesù a sua Mamma ma anche una carezza all'umanità: "Ecco la tua madre!".

Prima della processione della Madonna del Carmine ho sentito una persona del Consiglio di amministrazione rivolgersi ad un Confratello ricordandogli che quella sera avrebbe portato un "peso soave". E' così: per noi Confratelli una sdanga diventa proprio... come una carezza.

domenica 21 settembre 2014

I nonni


Claudio Capraro

I più giovani magari hanno la fortuna di averli ancora accanto; quelli che hanno qualche anno in più conservano nei loro cuori le immagini dei propri nonni, figure fondamentali nella formazione, nella crescita di ognuno di noi; figure fondamentali delle nostre famiglie.

Il prossimo 28 settembre, alla vigilia del Sinodo delle Famiglie, Papa Francesco incontrerà in piazza San Pietro i nonni di tutto il mondo.

Forte e supportata da dati concreti è la preoccupazione del Santo Padre relativa alla diffusione della “cultura dello scarto” attuata verso una categoria “debole” come appunto quella degli anziani, messi sempre più ai margini della società. Forse qui in Italia e ancora di più da noi nel meridione, questa cultura non ha ancora attecchito del tutto, anche se in qualche caso si cominciano a scorgere segni di incubazione. I nonni, gli anziani in generale, anche rappresentando comunque una delle categorie deboli, rivestano ancora un ruolo importante nelle nostre famiglie, a volte un ruolo importantissimo nel welfare familiare.


I nonni hanno un ruolo fondamentale nel tramandare i ricordi, le tradizioni. Con i loro racconti di vita, di morte, di pace, di guerra, sfogliando le pagine del proprio libro dei ricordi o aiutandosi con qualche vecchia foto ingiallita dal tempo hanno avuto ed hanno per i figli, ma più in particolare per i nipoti con i quali stabiliscono un legame invisibile ma fortissimo, un ruolo essenziale per tener vive tradizioni familiari e comunitarie. La famiglia appunto, definita dal Pontificio Consiglio per la famiglia, “luogo fondamentale e primario dove un anziano può vivere dentro una trama di relazioni che lo sostengono e che, a sua volta, è chiamato a vivificare e arricchire”.

E quanta e quale importanza hanno rivestito e rivestono ancora oggi i nonni nel tramandare le nostre tradizioni, l’amore per le confraternite a figli e nipoti. Il senso di appartenenza, il senso del dovere e del decoro; l’amore per i riti hanno nella grandissima parte dei casi proprio nei nonni il massimo e più efficace mezzo di trasmissione. Ognuno di noi potrebbe raccontare aneddoti al proposito, molti di noi possono vantare di avere nel proprio guardaroba qualcosa ereditato dai nonni: lo scapolare, la corona del rosario, il cappello o altro. Magari mostrerà i segni del tempo, ma nel nostro cuore avrà un posto particolare.

Dovremmo cercare, nonostante i problemi quotidiani, nonostante i ritmi incalzanti, nonostante tutto, di non perdere di vista i valori fondamentali della nostra esistenza, della nostra società, della nostra cultura e soprattutto della nostra fede. Dovremmo dare ai nostri anziani nuove speranza per non arrendersi, affinché citando il Salmo 71, abbiano essi la forza per chiedere che “venuta la vecchiaia ed i capelli bianchi, o Dio non abbandonarmi fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese”. E a noi più “giovani” dovremmo ricordare la frase che ama ripetere un famoso nonno della televisione: “ricorda, ciò che tu sei io ero e ciò che io sono tu sarai”.

mercoledì 17 settembre 2014

La nostra visita alla Vergine Addolorata a Castellaneta.



Antonello Battista


Consolidando sempre più i rapporti di collaborazione e di fratellanza con le altre realtà confraternali della nostra Provincia, abbiamo avuto l’onore di essere invitati a partecipare lo scorso 15 Settembre ai festeggiamenti in onore della Beata Vergine Maria Addolorata a Castellaneta, organizzati dall’omonima Confraternita cittadina.

Una folta delegazione di confratelli e consorelle guidati dal Primo Assistente del nostro Sodalizio Giovanni Schinaia, coadiuvato dal Segretario Francesco Tamburrini e dal Cerimoniere Fernando  Conte, si è recata nella città di Valentino, per poter rendere omaggio alla Vergine Addolorata nel giorno della sua memoria liturgica. La partecipazione alla cerimonia eucaristica nella splendida cattedrale di Santa Maria Assunta di Castellaneta, è stata per noi l’occasione per conoscere il nuovo Pastore della diocesi S.E. Mons. Claudio Maniago, da pochi giorni insediatosi nel ministero
apostolico, ed apprezzarne le parole nell’omelia incentrata sulla figura di Maria ai piedi della croce unica via d’intercessione presso il padre per noi suoi figli devoti.

La suggestiva processione si è snodata per le via del paese in un’atmosfera religiosamente raccolta e rispettosa per lo splendido simulacro della Vergine che visitava le vie del centro cittadino, ed ha visto la partecipazione oltre che del nostro Sodalizio, anche di quelli del Carmine di Mottola e tutte le Confraternite cittadine di Castellaneta. È stato per noi inoltre motivo di orgoglio e di gioia, quando i nostri fratelli della Confraternita dell’Addolorata, hanno dato l’onore a quattro nostri confratelli di portare a spalla ed in ben il passaggio della processione dall’ospedale, dove gli ammalati, han reso omaggio a Maria Addolorata donandole una corda annodata a simboleggiare i nodi del nostro cuore che solo lei, mamma trafitta nel cuore per le sofferenze del figlio, avrà la forza e la possibilità di intercedere presso il Padre per poterli sciogliere.
due occasioni durante il tragitto, il simulacro della Vergine. Particolarmente toccante è stato poi durante il percorso,

Quest’emozionante esperienza di condivisione di fede è stata per noi confratelli ulteriore motivo per cementare tra di noi i rapporti di amicizia e di fratellanza, oltre che ulteriore segno della capacità organizzativa ed inclusiva dei nostri amministratori, che si dimostrano per noi sempre più come dei fratelli maggiori che vogliono per la nostra Congrega sempre il meglio, a fedele dimostrazione di quel decoro che noi tutti portiamo impresso nel cuore e sugli scapolari. 

martedì 16 settembre 2014

La guerra di ieri e di oggi

Luciachiara Palumbo

Quante volte a scuola, nei telegiornali e più in generale in televisione si ascolta appellare il 27 Gennaio come "il giorno per non dimenticare, la giornata della memoria"? Tante volte, eppure io semplice ragazzina di diciassette anni mi sono sempre domandata come noi, che non abbiamo partecipato attivamente, potessimo rivivere qualcosa che in realtà non abbiamo vissuto.

Certo abbiamo moltissime testimonianze e i film tentano di mostrarci l'orridità di una guerra che certamente ha mutato la faccia del mondo ma noi ragazzi come possiamo capire appieno cosa è successo in quegli anni? Poi mentre leggevo uno dei libri assegnatimi per le vacanze ho percepito un brivido, una sensazione forte e indescrivibile… come se all'improvviso fossi io lì ad osservare quella scena così atroce che veniva descritta nelle pagine. Un uomo, un ebreo trascina le proprie gambe stanche… ha fame, ha sete, ha bisogno di compassione in quella calca di disprezzo.


Cade a terra sotto il peso di una falsa colpa, viene schernito, viene incitato ad alzarsi, viene picchiato … Un uomo, un semplice uomo si fa largo tra la folla e gli offre un pezzo di pane, lo aiuta a risollevarsi e si fa carico di quel macigno interiore, di quella etichetta nata dallo sguardo di chi osserva. Gli occhi si incontrano, gli occhi si amano, le braccia si stringono… ci si riconosce fratelli e figli di uno stesso Dio. Ma ecco arrivano di nuovo e sulle spalle dell'uno e dell'altro appaiono strisce rosso sangue ma il dolore non è quello fisico … il dolore è quello di due uomini strappati al loro essere uguali, il dolore è quello di assistere impotenti ad un errore immenso.

Questa scena, questa orrida immagine sembra già vista… è stata già vissuta. Quasi duemila anni prima un uomo viene caricato di una croce, gli viene affissa un'insegna "Gesù Nazareno re dei Giudei", viene fatto sfilare tra tanti uomini e donne… è soggetto di scherno, di derisione, di sputi, di insulti. Cade, cade tre volte sotto il peso di una "falsa colpa" e tenta con le proprie forze di rialzarsi.

Una donna si fa largo tra la folla, asciuga il volto grondante di sudore con la stoffa; Un uomo si fa largo tra la folla, solleva quell'asta di legno pesante. Gli occhi si incontrano, l'amore guarisce le ferite e colma le distanze… Quest'uomo spira su una croce, il suo sangue fuoriuscente dalle lacerazioni del corpo si sparge sul suolo del mondo e inonda di vittoria gli animi crudeli di chi ha portato a cotanta morte un uomo giusto. Ma allora ci si domanda dov'è la vittoria? Dove era la vittoria tra il '39 e il '45? Dov'è la vittoria ora?

Ancora oggi uomini, donne e piccoli angioletti vengono sporcati di un sangue di odio, vengono sottoposti alla tortura di Cristo… ma a che pro? solo perché amano? solo perché testimoniano con la loro vita la bellezza di un mondo dove il fattore motore è solo l'amore? Mondo che cadi anche tu sotto il peso della cattiveria fissa il tuo sguardo negli occhi di Cristo e ti garantisco che incontrerai l'amore.


Riconosciti uniforme, riconosci la varietà nella misura in cui il diverso nasce dall'uguale… Cristiani, mussulmani, ebrei siamo tutti sotto lo stesso cielo, siamo tutti sotto le stesse lacrime di un Padre che vede morire i propri figli…

lunedì 15 settembre 2014

Col nostro Arcivescovo a San Giovanni Rotondo

G.S.

Come ormai consuetudine, il nostro Arcivescovo mons. Filippo Santoro dà inizio all’anno pastorale diocesano con un pellegrinaggio unitario dell’Arcidiocesi presso un Santuario mariano. Lo scorso anno, il 14 settembre, ci ritrovammo in circa 2000 pellegrini presso la Basilica della Santa Casa a Loreto. Quest’anno, la meta scelta dall’Arcivescovo è stato il Santuario della Madonna delle Grazie a San Giovanni Rotondo.
Lo scorso 13 settembre, sono così convenuti a San Giovanni Rotondo, circa 5000 pellegrini con 90 sacerdoti. E fra i pellegrini anche noi, poco meno di 150 fra Confratelli, Consorelle e Parrocchiani, col nostro pastore mons. Marco Gerardo.

L’Arcivescovo ha incontrato i pellegrini davanti al Santuario della Madonna delle Grazie, luogo dell’esperienza terrena del Santo frate stimmatizzato, Padre Pio, dove ha voluto anche condividere un ricordo personale: Padre Pio, ormai anziano e infermo, che salutava i pellegrini dalla finestra del convento. Allo stesso modo, ha detto l’Arcivescovo, “oggi Padre Pio ci saluta dal cielo e ci benedice”. Mons. Santoro ha ricordato come il pellegrinaggio a cui partecipiamo è rappresentazione stessa della chiesa in cammino e quindi in missione. In un primo momento di preghiera sul
sagrato del santuario, si sono susseguite le invocazioni: un sacerdote, un diacono, una coppia di sposi, un giovane, una consacrata. L’Arcivescovo ha quindi recitato la preghiera alla Madonna delle Grazie, e, seguendo la croce, alla testa dei sacerdoti, ha guidato tutti, dapprima, all’interno del santuario per venerare l’immagine mariana tanto cara a Padre Pio, e quindi nella nuova aula di preghiera per la celebrazione della Messa.
Poche volte si è vista colma di fedeli la grande aula, che ha una capienza di circa 7000 persone. I pellegrini di Taranto l’hanno riempita completamente insieme ai tanti che a loro si sono voluti aggiungere. L’Arcivescovo ha quindi presieduto la Santa Messa della festa dell’Esaltazione della Croce, concelebrata da tutti i sacerdoti presenti. Nel corso della Messa ci ha anche raggiunti mons. Michele Castoro, Arcivescovo di Mafredonia Vieste e San Giovanni Rotondo, per dare al vescovo e a tutti i pellegrini il proprio benevenuto.

Come in ogni occasione, l’omelia dell’Arcivescovo è stata ricca di insegnamenti e indicazioni di cui fare tesoro nella pratica quotidiana della fede, tanto per i sacerdoti quanto per i laici. Mons. Arcivescovo ha ricordato l’importanza dei segni liturgici – il segno di Croce su tutti - che vanno compiuti bene e nella piena consapevolezza del loro significato. “Ripartiamo dalla misericordia: il Signore non si stanca mai di perdonarci”, ha ricordato mons. Santoro, ribadendo come il punto di partenza per la nostra pastorale deve essere proprio la Croce e la misericordia di Dio: “per questo siamo venuti qui!”. Ci è richiesta dal Papa, ha detto ancora l’Arcivescovo, una sorta di “conversione pastorale e missionaria” che Papa Francesco intende come un disporsi, da parte di ogni realtà ecclesiale, in uno “stato permanente di missione”. Le indicazioni del Papa confermano la nostra comunità diocesana nel suo impegno a favore dei poveri: mons. Arcivescovo ha ricordato il grande progetto di realizzazione di un centro di accoglienza nella Città Vecchia, per il quale sono state già raccolte offerte per circa 100.000 euro – fra parrocchie, Confraternite, movimenti e tanti “oboli della vedova” – a cui si aggiungono altre 50.000 provenienti dalla carità del Vescovo. In questo modo, ha detto mons. Santoro, “la nostra città darà due segni: il segno dell’accoglienza e il segno della riapertura al culto del Santuario della Madonna della Salute.
riqualificazione della Città Vecchia”, per la quale è già in progetto anche il completamento del restauro per la
 E nella riflessione proposta dall’Arcivescovo non potevano mancare i grandi temi che interpellano ormai da tempo le coscienze e le scelte nel nostro territorio: il lavoro e l’ambiente. Ai sacerdoti mons. Arcivescovo ha indicato l’esempio del sacerdote Padre Pio, che è stato grande perché celebrava con umiltà e decoro la Santa Messa e confessava i penitenti.
Al termine della celebrazione, mons. Arcivescovo ha infine consegnato il mandato ai catechisti, salutando tutti i pellegrini che incontrerà nel corso dell’anno nelle diverse realtà parrocchiali.

Come Confraternita avremo modo, nel corso dell’anno, di fare tesoro delle indicazioni dell’Arcivescovo e di tornare a meditare i suoi insegnamenti, sotto la guida del nostro Padre Spirituale don Marco, in particolare a proposito dell’importanza dei segni – si può dire che il carisma confraternale è incentrato in modo determinante sui segni – e dello stato permanente di missione al quale anche noi, come comunità, siamo chiamati.


Nel video, la ripresa integrale dell'omelia dell'Arcivescovo

domenica 14 settembre 2014

Bentrovati


Salvatore Pace

E siamo ancora qua....eh già !

Recita così un brano di Vasco Rossi e così anche noi, al termine della sosta estiva, torniamo a farvi compagnia prendendo le nostre posizioni, spolverando le nostre tastiere e ricominciando a cercare argomenti, parole, ricorrenze e perchè no desideri e sogni con cui tenervi compagnia.

In effetti il Nazzecanne non è andato proprio in ferie, fino al 13 settembre, dunque fino a due giorni fa, abbiamo riproposto due articoli a settimana che sono stati scelti fra quelli più letti durante la scorsa stagione e, bisogna dirlo, per un po di orgoglio personale che anche questa scelta, come tante, è stata premiata visto che in questo periodo di "inattività" abbiamo raggiunto le 23.000 condivisioni di pagina ed è questo un premio ed uno sprone che, grazie a voi lettori, ci spinge a fare meglio nella stagione Confraternale che ci attende.

Sempre più convinti delle scelte, dicevo, specialmente di quella legata alla modalità di redazione, il Blog, la forma del "giornalino" online ci permette di raggiungere sempre più lettori in ogni parte d'Italia e non solo, permettendoci di pubblicare settimanalmente cinque articoli e mensilmente più di venti, trattando gli argomenti più disparati e ricevendo consensi tangibili attraverso le statistiche, insomma siamo proprio soddisfatti di noi.

Tutti ora aspettiamo con ansia il programma dell'Anno Sociale della Confraternita che ci illustrerà le attività previste e che ci traghetteranno verso la conclusione del Grande Anno Giubilare che sta vivendo la sua parte centrale e che già ha visto il nostro Sodalizio protagonista di attività e celebrazioni storiche ancora impresse nei cuori e nella memoria di tutti noi.

Questo periodo estivo, come la vita vuole, è stato segnato da tante giornate gioiose ma anche da un evento che ha lasciato un dolore dentro tutti noi, la scomparsa di Peppe Albano, anziano Confratello e collaboratore dell'Arciconfraternita, sono recenti i giorni in cui abbiamo vegliato in cappellina il riposo del nostro amico e in cui gli abbiamo tributato l'ultimo saluto nella sua casa, nella casa di tutti noi, nella Chiesa del Carmine, commuovendoci per le sentite parole che ha voluto dire in suo ricordo il Priore, amico di vecchia data di Peppe.

Peppino anche da lassù si è fatto sentire e l'articolo, l'unico inedito naturalmente di quest'estate, pubblicato sul nazzecanne nel giorno della sua scomparsa, ha ricevuto talmente tante visite e tante letture che difficilmente saranno eguagliate da un altro pezzo, tanto da superare per più del doppio i lettori dell'articolo più letto della passata stagione..che dire..Peppì ..ciao ancora.

Sono i giorni, questi, in cui si festeggia la B.V. Addolorata e allora l'ultimo pensiero in questo articolo va ai Confratelli dell'Addolorata, in special modo ai nostri "gemelli" redattori del Pendio, ai quali vanno i più sentiti auguri


Ricordiamo che, attraverso i canali di comunicazione noti e arcinoti, attendiamo collaboratori e contributi per il nostro "nazzecanne" che è aperto a tutti NOI !



venerdì 12 settembre 2014

Insieme per Voi e con Voi..Gesù e Maria

Luciachiara Palumbo 

Sono giorni di grande fervore in parrocchia e nei locali della nostra Arciconfraternita.

Ogni gruppo si prepara per l'accoglienza della Vergine Addolorata con la corona benedetta dal Papa e di Gesù morto, il cui velo sarà adornato da uno stemma pontificio. La comunità tutta aspetta ansiosamente questo momento.

Parrocchiani e semplici cittadini che entrano nella nostra Chiesa restano stupefatti e tristi nel non vedere l'effige della Madonna Santissima. Il suo volto, ormai parte integrante del nostro cuore, manca terribilmente a chi lo venera con devozione e a chi a Lei si rivolge per ricevere forza e coraggio.

Noi tutti confratelli, scout, coro stiamo lavorando perché quel giorno sia perfetto e perché resti nella storia e nel patrimonio culturale e soprattutto religioso di questa unica e meravigliosa, quanto non compresa città.

Salendo le scale, si ode provenire dai saloni parrocchiani un'imponente melodia sonora. Le voci del coro Monte Carmelo si sono unite alle voci della Schola Cantorum e tutto ciò che si canta ormai risulta più forte e più bello. La bellezza di questi brani non è fine a se stessa ma deriva dall'entusiasmo e dalla felicità dello stare tutti insieme, dalla voglia di collaborare uno ad uno per rendere festa a Maria e a Gesù. Da un altro piano si ode invece un "chiacchiericcio", è la comunità Masci che organizza una veglia di preghiera per la venerazione delle due statue nella cappella del Castello Aragonese.

Sono meditazioni stupende sulla passione di Cristo e sulla presenza costante della Madre accanto al figlio. E' vero sembra un pò anacronistico, ma ben si sa che la morte di Cristo e la sua resurrezione non si limitano ad essere ricordate nei giorni di Pasqua.

Il sacrificio perenne del nostro Salvatore lo riviviamo ogni giorno con l'Eucarestia e lo sentiamo nostro nei vari momenti di dolore che caratterizzano la nostra vita.


Come non poter notare il movimento incessante di confratelli e consorelle intenti a inviare lettere o a chiamarne altri per assicurarsi della loro partecipazione alla processione ma anche ad un semplice momento di preghiera.

Il nostro Priore e le sue parole ci invitano ad essere orgogliosi del nostro abito, ci invitano ad essere un tutt'uno per questa grande occasione come per tutti gli altri eventi che ricamano la nostra vita confraternale. Questo è il momento dell'unione e della complicità, insieme costituiremo un arcobaleno di cuori per te Gesù.

domenica 7 settembre 2014

La mia seconda casa

Luciachiara Palumbo

5 Giugno 2009. Ero inginocchiata dinanzi all'Eucarestia per una di quelle occasioni che devono restare indelebili nei ricordi di ogni cristiano, la Cresima. Guardavo il Corpo di Cristo ma osservavo anche tutto ciò che vi era intorno a me: i compagni del catechismo, con i quali avevo condiviso sei anni di preparazione spirituale, le catechiste, che mi avevano fatto assaporare la bellezza dell'incontro con Dio e quelle mura, che mi avevano materialmente accolto nei momenti belli e brutti che si erano succeduti da quando a soli sei anni avevo messo piede per la prima volta al Carmine.

Con gli occhi puntati su tutto ciò, pensavo dentro di me "E ora? Cosa farò ora? Non ho più nulla che mi leghi a questa parrocchia"… Ed ecco che dal cielo arrivò la risposta. Da quella data la mia vita parrocchiale è diventata frenetica, costituita da sali e scendi per quelle scale, corse, canti e spiegazioni. Ogni pretesto era buono per passare qualche ora in più in quella che ora definisco "la mia seconda casa", ogni pretesto era buono per passare dalla confraternita e piano piano avanzare verso qualcosa che prima o poi mi avrebbe contraddistinto. Lo scoutismo e l'azione cattolica mi hanno formato e non solo spiritualmente, hanno aperto i miei occhi davanti all'opportunità di parlare dell'amore di Dio agli altri attraverso qualsiasi mezzo e in qualunque circostanza. 

Lo stile scout, la semplicità, il "sapersi accontentare" sono diventati il mio pane quotidiano che io cerco di donare alle altre realtà per mezzo del mio impegno ma anche solo per mezzo di un sorriso. Indossare quel fazzolettone blu e giallo significa stare più vicino ai miei confratelli incappucciati che hanno bisogno di aiuto nel rientrare in Chiesa per la sosta all'altare della Reposizione. 

Far parte del coro vuol dire pregare più intensamente, vuol dire abbracciare il piccolo Gesù con i canti del concerto di Natale o porsi sotto la croce con le fantastiche e commoventi parole della via Crucis di Padre Serafino Marinosci.

Essere parte della confraternita significa essere parte viva di una famiglia, significa condividere, come sto facendo ora, emozioni e sentimenti che nascono dal vivere per Lui. 

Essere consorella significa diventare custode di un patrimonio immenso che aiuta la nostra Taranto a non perdere la speranza e che spinge certamente all'abbandono filiale in Cristo.

Il compito di preservare le tradizioni e di farle conoscere mi porta a chiacchierare con i miei bambini del catechismo, a far conoscere la storia della nostra parrocchia sperando che un giorno anche loro possano affermare "Il Carmine è la mia seconda casa".

 La sera del 15 Luglio scorso era bello poter vedere tutte le realtà di cui faccio parte essere lì per condividere uno dei momenti più importanti della mia vita.

 Scapolare, fazzolettone scout, foulard di azione cattolica, divisa del coro, uno alla volta tutti questi accessori cadono sulle mie spalle e ricordano il forte impegno che ho assunto davanti a Dio e che non smetterà mai di farmi gioire immensamente.

giovedì 4 settembre 2014

...grazie ragazzi...

Salvatore Pace

Non conosco Peppe da tanti anni, ne parlo al presente perchè, dopo poche ore è difficile se non impossibile farsene una ragione e considerarlo "passato".

Di vista , però, lo ricordo da sempre in mezzo alla Congrega, ero chierichetto ai tempi di Don Luigi Liuzzi e Don Tonino Caforio e già ho i ricordi di questo Confratello, anziano, conosciuto da tutti, scanzonato nei suoi modi, che non passava inosservato e che aveva un nome e cognome quasi pronunciati in un'unica parola PEPPALBAN..

Io sono cresciuto, il chierichetto è diventato confratello, il confratello è diventato "grande" ma Peppe era sempre lì, da esterno, da collaboratore in un paio di Consigli di Amministrazione quella figura "anziana", quasi indefinita, era sempre presente durante la vita delle nostre Confraternite, era impossibile non vederlo "farisciare" vicino ad abiti, simboli, statue ed era impossibile non scorgerlo, il 16 luglio, indaffarato mentre "vestiva" il suo amico fraterno, il suo fratello di Scapolare e di vita, Antonello, forse più preso dalla vestizione di quest'ultimo che dalla sua.

Nel 2000 il primo incontro, un contrattempo fece ritardare l'uscita di una "posta", quella posta era composta da due amici e, trovandomi in Chiesa anche io, facemmo conoscenza mentre lui si adoperava, insieme a me, per risolvere quel piccolo inconveniente.

Era un fiume in piena Peppe Albano, sopratutto in quelle occasioni che lui amava, in una mezzoretta mi raccontò aneddoti e fatti che mi fecero ridere e pensare, emozionare e riflettere.

Era spigoloso Peppe, per nulla facile, non era un "buono", era un tipo tosto, di quelli schietti  e non mi va di fare un "coccodrillo" tipo telegiornale, Peppe era uno che non te le mandava a dire, Peppe se aveva qualcosa che gli andava storto t'mannav a quidd pais ma rido e piango pensando che nel '98 da collaboratore mi vendette un camice stile impero ancora oggetto di ilarità e discussione dopo quasi 20 anni.."ma da do l'assì quidd camice ??" e ieri mentre lo salutavo sorridevo guardandolo e facendogli dentro di me questa domanda .

E di Peppe ricorderò sempre il sorriso di gratitudine quando gli dissi che avevo piacere ad averlo alla cena dei miei quarant'anni, le lacrime quando la Madonna nel 2013 si rifugiò nel portone di via Margherita, i soprannomi che affibbiava a tutti, la "gelosia" dei segreti di Congrega, chiavi, armadi, "nascondigli di cui non amava parlare, Peppe amava e odiava, era amato e odiato come tutti noi, un uomo semplice ma, a differenza di molti di noi, si era ritagliato col suo essere un ruolo di quelli che spettano a pochi, quelli che sono destinati ad essere ricordati.

Potrei parlare di mille altri aneddoti, di quanto mi "jastemò" pochi mesi fa quando gli chiesi di aprire armadi e porte per un articolo di nazzecanne, di cene dove prometteva di mantenersi ma alla fine l'avemma fermà cenò s mangiav pur a nnu, di quante volte ci ha aggiustato camici, cappucci e scapolari e soprattutto quanto era intransigente nell'amore verso la Congrega e di come difendeva e "coccolava" con onore i suoi amici storici, quelli di una vita ..ma chi lo conosceva sa..e non sarò certo io a poter ricordare tutto di lui.

Se andate a vedere nella nicchia della Titolare e fate attenzione il Bambinello oggi è sicuramente più triste.

Arrivederci Peppe e no mangià tropp addassus !!

lunedì 1 settembre 2014

Ciao Peppe

Salvatore Pace

Non conosco Peppe da tanti anni, ne parlo al presente perchè, dopo poche ore è difficile se non impossibile farsene una ragione e considerarlo "passato".

Di vista , però, lo ricordo da sempre in mezzo alla Congrega, ero chierichetto ai tempi di Don Luigi Liuzzi e Don Tonino Caforio e già ho i ricordi di questo Confratello, anziano, conosciuto da tutti, scanzonato nei suoi modi, che non passava inosservato e che aveva un nome e cognome quasi pronunciati in un'unica parola PEPPALBAN..

Io sono cresciuto, il chierichetto è diventato confratello, il confratello è diventato "grande" ma Peppe era sempre lì, da esterno, da collaboratore in un paio di Consigli di Amministrazione quella figura "anziana", quasi indefinita, era sempre presente durante la vita delle nostre Confraternite, era impossibile non vederlo "farisciare" vicino ad abiti, simboli, statue ed era impossibile non scorgerlo, il 16 luglio, indaffarato mentre "vestiva" il suo amico fraterno, il suo fratello di Scapolare e di vita, Antonello, forse più preso dalla vestizione di quest'ultimo che dalla sua.

Nel 2000 il primo incontro, un contrattempo fece ritardare l'uscita di una "posta", quella posta era composta da due amici e, trovandomi in Chiesa anche io, facemmo conoscenza mentre lui si adoperava, insieme a me, per risolvere quel piccolo inconveniente.

Era un fiume in piena Peppe Albano, sopratutto in quelle occasioni che lui amava, in una mezzoretta mi raccontò aneddoti e fatti che mi fecero ridere e pensare, emozionare e riflettere.

Era spigoloso Peppe, per nulla facile ad accondiscendere, era un tipo tosto, di quelli schietti  e non mi va di fare un "coccodrillo" tipo telegiornale, Peppe era uno che non te le mandava a dire, Peppe se aveva qualcosa che gli andava storto t'mannav a quidd pais, ma quante risate ti faceva fare quando ce l'aveva dritta,  rido e piango ancora adesso pensando che nel '98, da collaboratore, mi vendette un camice stile impero ancora oggetto di ilarità e discussione dopo quasi 20 anni ogni volta che mi capita di indossarlo ..."ma da do l'assì quidd camice ??", e ieri mentre lo salutavo sorridevo, guardandolo e facendogli dentro di me questa domanda .

E di Peppe ricorderò sempre il sorriso di gratitudine quando gli dissi che avevo piacere ad averlo alla cena dei miei quarant'anni, le lacrime quando la Madonna nel 2013 si rifugiò nel portone di via Margherita, i soprannomi che affibbiava a tutti, la "gelosia" dei segreti di Congrega, chiavi, armadi, "nascondigli di cui non amava parlare, Peppe amava e odiava, era amato e odiato come tutti noi, un uomo semplice ma, a differenza di molti di noi, si era ritagliato col suo essere un ruolo di quelli che spettano a pochi, quelli che sono destinati ad essere ricordati.

Potrei parlare di mille altri aneddoti, di quanto mi "jastemò" pochi mesi fa quando gli chiesi di aprire armadi e porte per un articolo di nazzecanne, di cene dove prometteva di mantenersi ma alla fine l'avemma fermà cenò s mangiav pur a nnu, di quante volte ci ha aggiustato camici, cappucci e scapolari e soprattutto quanto era intransigente nell'amore verso la Congrega e di come difendeva e "coccolava" con onore i suoi amici storici, quelli di una vita ..ma chi lo conosceva sa..e non sarò certo io a poter ricordare tutto di lui.

Se andate a vedere nella nicchia della Titolare e fate attenzione il Bambinello oggi è sicuramente un po più triste.

Arrivederci Peppe mi raccomando no fumà e no mangià tropp addassus, un abbraccio dal tuo amico cacabicchiere e quanto mi piacerebbe sentirti rispondermi ancora  "cu u fischett..****" !!
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