venerdì 28 febbraio 2014

SOLENNI QUARANTORE 2014: SI APRE UFFICIALMENTE UN ANNO SANTO STRAORDINARIO

Papa Francesco ha concesso 
l’Indulgenza Plenaria
riconoscendo all’Arciconfraternita Maria SS. del Carmine
la solennità della ricorrenza
dei 250 anni dalla donazione


Giorgio Vegliante


Domenica 2 Marzo inizia ufficialmente un Anno Giubilare nella Chiesa del Carmine; il Santo Padre Francesco, accogliendo la supplica dell’Arciconfraternita del Carmine, ha fatto pervenire la concessione dell’Indulgenza Plenaria per i Confratelli, i parrocchiani e tutti i fedeli che parteciperanno alle funzioni liturgiche nel corso di quest’anno, nella Chiesa del Carmine alle condizioni solite: Confessione, Comunione, Professione di Fede e Preghiera per il Papa.

L’anno Santo Straordinario, che durerà fino alla Pasqua del 2015, è motivato dal riconoscimento da parte del Papa della solennità della ricorrenza dei 250 anni dalla donazione delle Statue di Gesù Morto e dell’Addolorata da parte del nobile Francescantonio Calò.
Il Papa inoltre ha concesso al nostro Arcivescovo Mons. Filippo Santoro la facoltà di impartire la Benedizione Apostolica, nel corso dello stesso Anno Santo, in ben tre diverse occasioni.

A questo punto il calendario degli eventi si fa sempre più fitto e non lascia spazio a nessuna pausa, anzi si accelera fortemente sugli impegni non solo a breve, ma anche su quelli che ci aspettano nel prossimo futuro e che rappresentano una tappa storica, un passaggio importante.

L’aria che si respira in Segreteria e nell’oratorio della Confraternita è indubbiamente di Settimana Santa, ma non solo. La notizia arrivata da Roma, ha generato gioia e fermento fra tutti, animando maggiormente un forte spirito di collaborazione in vista delle tante attività già messe in cantiere per questo Anno Giubilare.

Veniamo all’evento immediato: Domenica 2 Marzo alle 20.00 l’Arcivescovo Mons. Santoro, in un solenne rito liminare, busserà al portale della Chiesa del Carmine che, come una Porta Santa Basilicale, spalancandosi, aprirà ufficialmente l’Anno di Grazia. Seguirà quindi la Messa celebrata dallo stesso Arcivescovo e una breve processione eucaristica che darà inizio alle Solenni Quarantore. Nell’occasione è prevista la prima delle Benedizioni Apostoliche da parte di Mons. Arcivescovo.
Le Quarantore si concluderanno Martedì 4 marzo alle 18,30 con la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.mo Monsignor Marco Gerardo, Padre Spirituale della Confraternita.
Le Solenni Quarantore dell’Arciconfraternita Maria SS. del Carmine rappresentano i tre giorni di preghiera e di riflessione che precedono il Mercoledì delle Ceneri in preparazione al tempo quaresimale.
Nel loro significato originario si adora, nelle Specie Eucaristiche, Gesù Cristo per il periodo di tempo in cui giacque nel Sepolcro.

Il Mercoledì delle Ceneri, 5 marzo, avrà inizio, per tutta la Chiesa di Rito Romano, il periodo di Quaresima. La Santa Messa nella Chiesa del Carmine sarà celebrata dal Vicario Generale, Mons. Alessandro Greco.

Il primo venerdì di Quaresima, 7 marzo, è già previsto un ulteriore momento “forte” dell’Anno Santo: la Liturgia Stazionale, che vedrà attivamente coinvolte le sei parrocchie della Vicaria Taranto Borgo e che porterà in strada, per la prima volta, il maestoso Crocifisso Quaresimale della Confraternita del Carmine. Appuntamento presso la parrocchia di Sant’Antonio, il 7 marzo alle 17,30. Concluderà mons. Arcivescovo davanti alla Chiesa del Carmine intorno alle 20,30.

Domenica 9 marzo, infine, torna la Via Crucis solenne con le tradizionali melodie del Padre Serafino Marinosci.


giovedì 27 febbraio 2014

Settimana Santa: una sapienza antica dietro quel portone



Giovanni Schinaia
Settimana Santa 2013


Sono le 15 del Giovedì Santo. Il portone della Chiesa del Carmine si apre per lasciare uscire la Prima Posta. È iniziata la “fine” della Settimana Santa. Trascorreranno infatti solamente quaranta ore fino a quando quello stesso portone non si riaprirà per lasciare entrare la processione dei Sacri Misteri. La parte “visibile” della Settimana Santa è tutta lì, poco più di quaranta ore. A cosa assisteranno i fedeli e i curiosi? Otto statue che poggiano ferme sulle forti spalle dei portatori; abiti, bordoni, lumi, arredi tirati a nuovo; ritualità e gesti che vengono dai secoli, ripetuti da giovani e giovanissimi Confratelli; tutto perfetto; un meccanismo senza attriti e senza incertezze.

Ma quando quel portone si aprirà, provi qualcuno a sbirciare nel buio, alle spalle delle austere figure dei perdùne. Scorgerà il viso stanco ma felice, teso ma soddisfatto di un manipolo di giovani Confratelli. Ecco, quello è il vero motore della Settimana Santa tarantina. Se quelle statue saranno in processione, è perché loro si sono preoccupati di rimuoverle dalle nicchie e fissarle sulle basi; se quegli arredi saranno al loro posto, lucidi come nuovi, è perché loro hanno pensato a sistemarli, a pulirli, a metterli in ordine; se i giovani Confratelli alle prime armi, pur combattendo con l’emozione, sapranno ripetere con sicurezza i gesti della tradizione, è perché loro avranno provveduto a istruirli; se la macchina implacabile della burocrazia non avrà creato un pasticcio all’italiana, è perché loro si saranno curati per tempo di riempire e inviare moduli, permessi, autorizzazioni. E se la parte visibile della Settimana Santa si misura in ore, il tempo reale della sua preparazione va invece misurato in mesi e mesi e mesi. Almeno dodici!

È una sapienza antica quella che si può scorgere dietro il portone, alle spalle dei perdùne, declinata col linguaggio di oggi, da generazioni diverse. Proviamo a spulciare fra le vetuste parole dello statuto più antico della nostra Confraternita, che ci è pervenuto, quello del 1777: “... aver pensiero quando si faranno le feste; far parare la Chiesa e preparare quanto vi sarà bisogno alla Festività…, mettere in ordine quanto bisogna per le processioni, conservare e custodire tutti li Paramenti, Abiti de’ Fratelli, argenteria, ed altre robbe…”
Ed è quanto hanno fatto per i 350 anni di vita del Sodalizio, tutti gli economi della Confraternita, economi che oggi si chiamano Peppe Albano, Mattia Casciano, Vittorio Montervino, Domenico Amandonico con Mimmo Di Stefano; e poi ancora: “Scrivere e notare tutte le cose della Congregazione…, notare tutte le conclusioni proposte dal Priore, e concluse a beneficio della Congregazione..”, ed è quanto hanno fatto, uno dopo l’altro, decine e decine di Confratelli che hanno ricoperto l’ufficio di segretario, come oggi Francesco Tamburrini; e ancora “Ammaestrare i novizi…, ordinare a detti novizi che faccino quel tanto spetta all’Ufficio loro”: sono le parole di 250 anni fa che raccontano in modo immutato anche il compito dei maestri dei novizi di oggi, Peppe Carucci e Piero Scalvo con Francesco Pignataro; leggiamo ancora: “… vedere che si faccino come si devono le solite cerimonie delli fratelli”, ed è quanto oggi fanno ancora i nostri cerimonieri Fernando Conte, Luca Palumbo, Antonio Quazzico.

Perché un elenco di nomi? Non è solo per dire grazie a chi, fattivamente, rende possibile la nostra Settimana Santa, molto meglio di chi, come chi scrive, ha quasi il solo compito di mettere indosso, di tanto in tanto, una cravatta e fare rappresentanza. C’è di più. Gli estranei curiosi, credono forse di appagare il loro insano e becero voyerismo quando vogliono conoscere i nomi dei Confratelli benefattori che hanno devoluto le proprie offerte in denaro nel corso delle cosiddette “gare”. 
Ebbene, ecco qui un elenco di altri autentici benefattori, come tutti coloro che li hanno preceduti in quegli onerosi compiti e che, si spera, seguiranno. E sì; perché che si tratti della volgar pecunia – l’unica cosa che sembra stare a cuore di certi osservatori – o che si tratti delle proprie capacità e professionalità, o che ancora si tratti del tempo sottratto ai propri affari ovvero offerto dalle rispettive famiglie, figli, mogli, fidanzate, di qualunque cosa si tratti, la Confraternita, da secoli, si tiene in piedi solo e soltanto grazie a quanto Consorelle e Confratelli hanno donato e doneranno, sempre e comunque, con amore, come un gesto di carità fraterna
Grazie!

mercoledì 26 febbraio 2014

A piedi nudi


Antonino Russo


Uno dei ricordi che resteranno indelebili nella mia mente è la sensazione di freddo provata poggiando per la prima volta i piedi nudi sul pavimento del nostro Oratorio in occasione dell’adorazione della Croce ricordo seguito, ma solo cronologicamente e non certo per intensità, dalla ruvidezza dell’asfalto durante la posta “fissa” del Giovedì Santo.

Alcune delle foto più significative dei Perdùne che si possono ammirare salendo le scale del nostro Oratorio, sono quelle che ritraggono il contrasto tra il candore della veste bianca, simbolo del Battesimo e il nero della pianta dei piedi… Nazzecanne avverti la fatica del cammino simbolo della fatica della crescita nella vita di fede di ognuno.

Nel Vangelo (Luca 7, 36-50) Gesù si lascia lavare i piedi da una peccatrice che li bagna con le sue lacrime. Quella donna asciuga i piedi di nostro Signore con i suoi capelli, li cosparge con olio profumato suscitando l’indignazione dei presenti che avrebbero visto un uso migliore nel venderlo e nel dare il ricavato ai poveri. Mi tornano alla mente i commenti di coloro che a priori contestano l’operato delle Confraternite, coloro che mormorano senza conoscere. Coloro che non hanno mai rotto e mai romperanno il vaso dei loro sacrifici (economici, fisici, spirituali) per ricordare la passione e morte di Gesù.

Un altro episodio del Vangelo in cui i piedi diventano motivo di scandalo è quello in cui Gesù istituisce il sacerdozio si cinge i fianchi con un asciugatoio e inizia a lavare i piedi ai discepoli:

«Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.» (Giovanni 13,12-15)

Non è forse questo lo spirito di fratellanza che deve legarci?

Questo gesto dal profondo significato, simbolo dell'amore del Padre, riassume tutta la vita di Gesù, che "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Marco 10,45) viene ripetuto nella liturgia del Giovedì Santo durante la Messa in Cena Domini che nella dottrina della Chiesa rappresenta l’inizio del Triduo Pasquale.

Anche l’Antico Testamento (Isaia 52, 7) parla di come sono belli i piedi di coloro che portano buone notizie: è questo il nostro compito, portare la buona novella per eccellenza, il Vangelo, per le vie della nostra città senza temere alcun inciampo perché come recita il Salmo 90 (91) «Egli per te darà ordine ai suoi Angeli di custodirti in tutte le tue vie. Sulle mani essi ti porteranno, perché il tuo piede non inciampi nella pietra»

Si aprono le porte e «a piedi ignudi senza scarpe e senza calzette, ancorché nevigasse o facesse malissimo tempo» torniamo ad essere pellegrini nelle strade di Taranto, mandati “a due a due” a testimoniare la fede in Cristo: ecco le “poste”, ecco il silenzio dei piedi che contrasta con il tintinnio delle medaglie del Rosario.

Ed è già Settimana Santa.



martedì 25 febbraio 2014

"Vi abbraccio tutti e ciascuno" ... Un ricordo del Priore avv. Cosimo Solito

Nel giorno in cui lascia l'incarico, il Priore avv. Cosimo Solito ha voluto così salutare le Consorelle e i Confratelli del Carmine


Giacomo Blandamura


Era il secolo scorso,
precisamente il 26 Novembre del 1995 quando il compianto avv. Cosimo Solito, Priore della Confraternita del Carmine, lasciava l'incarico che lo aveva visto alla guida della stessa per quasi un quarto di secolo. Dal 10 Settembre 1971 l'avv. Solito accompagnò per mano la nostra Congrega, attraverso alcuni degli avvenimenti più importanti della sua storia. Nel 1978 si trovò a fronteggiare la lettera dell'Arcivescovo Mons. Motolese che proibiva la "gara" della Domenica delle Palme nelle chiese di appartenenza delle Confraternite e dall'anno successivo trovò prontamente la ormai storica sede del salone dell'Amministrazione provinciale. Il 28 Ottobre 1989 avrà l'onore, insieme all'allora Arcivescovo Mons. De Giorgi e al Padre Spirituale Mons. Marco Morrone, di accogliere il Santo Padre Giovanni Paolo II nella Chiesa del Carmine per un momento di preghiera, e, prima di benedire la folla dalla loggia di Piazza della Vittoria, sarà accompagnato proprio dal Priore a visitare gli oratori della Confraternita che furono ristrutturati proprio durante il periodo del suo mandato.

Era il 6 Gennaio del 1996, dal giorno successivo sarebbe toccato a Nicola Caputo prendere la Sua eredità al comando della Confraternita del Carmine, e approfittando delle colonne di "Nazzecanne Nazzecanne" il Priore uscente avv. Solito così si rivolgeva a tutti i confratelli e le consorelle per un ultimo saluto:


Alle Consorelle,ai Confratelli della Confraternita del Carmine.

Miei Carissimi,

nel momento in cui mi accingo a lasciare, dopo un quarto di secolo, il governo di questa santa, meravigliosa Congrega sento il bisogno imprimente di scrivere, oltre alle tante parole dette, a voi tutti, fratelli carissimi, con cui ho stretto, in tutti questi anni, un meraviglioso sodalizio di amore, ho realizzato con voi tutti una meravigliosa agnatio spiritualis (l'agnatio è per il Diritto Civile romano il vincolo che scorreva tra tutti i soggetti sottoposti alla potestà del Pater Familias, che prescinde dal legame di sangue. NdR).

Sicuramente siamo cresciuti insieme nella fede e nell'amore in Cristo e alla Beata Vergine del Carmelo ed è questo il vincolo sacro che oggi maggiormente ci unisce.

Dalle pagine di questo nostro carissimo periodico mi è gradito di rivolgere un rispettoso, devoto omaggio filiale agli eccellentissimi Arcivescovi Mons. Guglielmo Motolese, Mons. Salvatore De Giorgi, Mons. Benigno Luigi Papa che, con il Loro alto Magistero, la Loro sempre espressa affettuosa e paterna benevolenza hanno confortato, spronato, incoraggiato questa nostra felice fatica.

Un ricordo fraterno e affettuoso ai nostri Padri Spirituali Mons. Luigi Liuzzi, Mons. Marco Morrone, Mons. Franco Costantini che diuturnamente hanno condiviso con tutti noi le luci (che sono state tante) di questo nostro lunghissimo cammino.

La riconoscenza veramente sconfinata a tutti gli amici del Consiglio, ed in special modo a Tonino Picardi e Franco Pizzolla, che sono stati collaboratori validissimi ed attenti e che tanto hanno contribuito a tutte le compiute realizzazioni.

Un particolare grazie al carissimo Franco Zito, Segretario impareggiabile che con il suo affetto vero, riservato e discreto, con il suo operoso silenzio ha saputo interpretare ogni mio pensiero e realizzarlo nell'interesse di questa nostra Comunità.

Un devoto, commosso ricordo a tutti i confratelli che, sicuramente nella grazia del Signore, ci hanno lasciati e che ora vivono la gloria dell' Eterno.

Chiedo perdono con cuore accorato a tutti i miei giovani carissimi che, con tanta speranza si erano a me rivolti per ottenere un dignitoso lavoro; quando, e tante volte, non mi è stato possibile con tutto me stesso, e da padre ho condiviso la loro delusione sofferta, la loro speranza negata!

Ed ora, nel lasciarvi, nel mentre auguro ogni fortuna al carissimo Nicola Caputo ed ai suoi collaboratori, Vi abbraccio tutti e ciascuno con un affetto che sicuramente in me non si spegnerà per il gran bene che mi avete fatto, per le tante consolazioni che mi avete riservate, nella speranza che nel Vostro buon cuore, resti un piccolo, affettuoso ricordo del Vostro vecchio Priore che Vi ha paternamente, sinceramente e profondamente amati.

Vostro
Cosimo Solito


Taranto, 6 Gennaio 1996


Con queste accorate e commoventi parole il Priore Cosimo Solito salutava tutte le Sue Consorelle e i Suoi Confratelli, con vero amore paterno, tanto da condividere con i più giovani la sofferenza per un lavoro non trovato come il buon padre che soffre per non essere riuscito ad aiutare il figlio.

Oggi l'avvocato Solito purtroppo non c'è più, è venuto a mancare qualche anno fa. Noi di "Nazzecanne Nazzecanne" abbiamo voluto riproporre le ultime parole da Priore di un uomo dalla statura morale e intellettuale eccelsa, tanto da portare alcuni a definirlo "il Priore dei Priori", per risvegliare, se ce ne fosse bisogno, in chi lo ha conosciuto il "piccolo, affettuoso ricordo del Nostro vecchio Priore" e per chi purtroppo non ne ha avuto la fortuna come me, scoprire un uomo eccezionale che tanto bene ha fatto alla Confraternita del Carmine in 25 anni di governo di questa, come lo stesso avv. Solito l'ha definita, "Santa e meravigliosa Congrega".

lunedì 24 febbraio 2014

Via Crucis: le note dell'anima


Olga Galeone


Si sta avvicinando la Quaresima e mi sento completamente immersa nell'atmosfera pre-pasquale avendo iniziato le prove della Via Crucis con il coro Monte Carmelo. Ero membro del coro già molti anni prima della mia aggregazione all'Arciconfraternita del Carmine e per me inizia ufficialmente il tempo di Pasqua quando riprendo tra le mani il mio libretto con le partiture della Via Crucis.

Mi è capitato, per fortuna solo raramente in vent'anni, di non poter cantare la Via Crucis e in quegli anni ho "sentito meno" l'emozione della Settimana Santa. L'anno scorso mi trovavo in Inghilterra per lavoro e mi sono dovuta accontentare di seguirla via internet. 

Ho detto "accontentare", ma in realtà sono grata al nostro primo assistente, il Prof. Giovanni Schinaia, per aver trasmesso in streaming la diretta di ogni funzione, accorciando la distanza da casa per me e tutti quei confratelli, consorelle e tarantini che per vari motivi non avevano la possibilità di partecipare di persona. 

Ovviamente, anche su internet, non potevo ascoltarla soltanto, impossibile non cantare le stazioni che ormai ho imparato a memoria, pertanto dal mio appartamento che si affacciava su Cartwright Gardens in quel di Londra ogni domenica di Quaresima si udiva un pezzo della tradizione tarantina, le dolenti e dolcissime note della Via Crucis, composta dal musicista francescano padre Serafino Marinosci. 

Padre Serafino nacque a Francavilla Fontana il 17 aprile 1869 e fin da giovanissimo si accostò alla musica con grande passione. Studiò organo e violino e subito dopo l'ordinazione sacerdotale l'11 aprile 1892 compose a Taranto la Via Crucis di N.S. Gesù Cristo, che venne eseguita per la prima volta diretta dal suo stesso autore nella chiesa di San Pasquale. Il 21 novembre 1919, appena cinquantenne, padre Marinosci morì, lasciandoci numerosi capolavori di musica sacra.

La Via Crucis consiste in quattordici stazioni, una introduzione e un canto dedicato alla Vergine Desolata e fu scritta originariamente per cantanti solisti. Già negli anni remoti la Via Crucis richiamava a quelle audizioni moltissimi fedeli, i quali, per riuscire a prendere posto, si recavano dietro al portone della chiesa del Carmine con le sedie portate dalle proprie case nelle prime ore del pomeriggio e all'apertura del portale dovevano prestare attenzione per non essere travolti dalla folla.

L'avv. Solito e la prof. Anna D'Andria (foto: Lino Greco)
Negli anni '60 la Via Crucis durava per otto settimane, si iniziava con la Settuagesima, poi la Quaresima e l'ultima domenica di Passione. La funzione si svolgeva in questo modo: in apertura veniva eseguita una marcia funebre, seguiva l'introduzione, le quattordici stazioni, il canto alla Vergine Desolata, poi la compieta recitata dietro l'Altare Maggiore dal celebrante, il consiglio di amministrazione della congrega e i confratelli. L'ultima domenica si aggiungevano le litanie cantate, il Tantum Ergo, la benedizione Eucaristica e un'altra marcia. In conclusione l'adorazione della Croce da parte dei confratelli, che si svolgeva a porte chiuse, senza estranei alla confraternita, seguendo il percorso dall'Altare dell'Addolorata, dove oggi c'è la statua della Madonna del Carmine, fino all'Altare di Gesù Morto. Don Antonio Gaetani, che ricordiamo anche per aver aggiunto alcune parole alla celebre marcia funebre Mamma del maestro Luigi Rizzola, dirigeva la piccola orchestra che accompagnava i cantanti solisti.

 Nel 1969 la Confraternita del Carmine rappresentata dal priore Comm. Pietro Piangiolino acquistò l'organo a canne e quindi per la Via Crucis del 1970 non ci fu più bisogno di tanti strumenti. Rimasero solo cinque musicisti, tra cui la violinista Anna Maria D'Andria. L'anno 1971 vede due momenti importanti per la chiesa del Carmine: l'1 gennaio Mons. Ridola, per raggiunti limiti d'età e per motivi di salute, dà le dimissioni da parroco e l'Arcivescovo di Taranto S. E. Mons. Guglielmo Motolese nomina Mons. Luigi Liuzzi parroco e Padre Spirituale della Confraternita. Nello stesso anno il 10 settembre viene a mancare il priore Piangiolino ed in seguito alle elezioni è nominato priore l'avvocato Cosimo Solito.

Il coro agli inizi, con mons. Liuzzi e il Consiglio della Confraternita
(foto: Lino Greco)

Nel 1976 si eseguiva da qualche anno anche la Via Crucis letta tutti i venerdì di Quaresima. La Prof.ssa D'Andria pensò di formare un coro a cui insegnare un paio di stazioni della Via Crucis di padre Marinosci da cantare i venerdì di Quaresima. Riuscì a trovare diciotto coristi, per la maggior parte suoi parenti, entusiasti di iniziare questa nuova avventura. Le prove si tenevano nella vecchia casa canonica, precisamente nella cucina, con il vecchio armonium che Don Antonio Gaetani suonava durante le funzioni. Dopo un mese di prove Don Luigi Liuzzi ascoltò le prove e rimase così colpito che chiese al coro di imparare bene tutte le stazioni per cantarle la domenica. Si raccomandò poi di non dire a nessuno del progetto, solo nel caso in cui il risultato fosse stato soddisfacente lui stesso ne avrebbe parlato con il consiglio di amministrazione della Confraternita. Alcune stazioni però male si adattavano ad essere cantate da un coro, giacché erano nate per voci soliste, e qualche nota era troppo acuta per chi non aveva studiato canto. La Prof.ssa D'Andria chiese al maestro Carucci di trasportare di un tono e mezzo le partiture e don Luigi si offrì di pagare il compenso di Lire 65.000. Il coro fu così in grado di preparare l'intera Via Crucis e don Luizzi invitò all'ascolto il consiglio di amministrazione: il priore Avv. Solito, il primo assistente Dr. Antonio Picardi, il secondo assistente Sig. Nicola Murianni, l'economo Sig. Francesco Pizzolla, il segretario Cav. Francesco Mignogna e il maestro di cerimonie Sig. Luigi Galasso. Il priore e gli assistenti accettarono subito di modificare la tradizione cambiando i cantanti solisti con il coro, mentre si mostrarono di parere contrario l'economo e il maestro di cerimonie. Allora don Luigi chiese loro di riascoltare il coro in chiesa e se non fossero stati tutti soddisfatti avrebbero chiamato i cantanti. La stazione scelta per l'esecuzione fu la tredicesima. Al termine il consiglio di amministrazione uscì in silenzio dalla chiesa. Poco dopo tornò don Luigi e con grande gioia comunicò al coro che il priore e il resto del consiglio erano rimasti entusiasti. Così ebbe inizio una nuova tradizione.

Quante cose sono cambiate da quel lontano 1976... Il coro Monte Carmelo è diventato sempre più numeroso, anche se nel corso degli anni alcuni coristi hanno rinunciato al canto per impegni personali e abbiamo perso altri coristi, persone care che sono tornate alla casa del Padre. In tutti questi anni è capitato di essere invitati ad eseguire la Via Crucis in altre parrocchie cittadine ed anche in altre città. Un anno il coro e l'orchestra eseguirono alcune stazioni alla presenza di Mons. Salvatore De Giorgi, Arcivescovo di Taranto, nel piazzale del castello Aragonese. Era il mese di agosto e fu insolito ascoltare le melodie del Marinosci lontano dal periodo pasquale. Per motivi differenti, ebbe un forte impatto emotivo anche l'esecuzione della Via Crucis alla Cittadella della Carità e alla Casa Circondariale di Taranto. Eppure l'emozione più grande la viviamo proprio nella chiesa del Carmine, a casa nostra, tra volti familiari, tra chi sa con quanta passione e sacrificio il coro si prepara al canto, tra chi si commuove con noi alle parole:
"Alla spietata morte, allor dirò con Gloria: dov'è la tua vittoria?".

Coloro che non hanno mai partecipato ad una Via Crucis, che sono estranei alla vita confraternale, potrebbero giudicare questa funzione come un mero spettacolo. Per noi confratelli e consorelle è invece un momento di comunione con Dio. Il canto e la musica ci aiutano ad entrare nel mistero di Cristo, a sentirci più uniti a Lui e a riscoprire la bellezza di essere uomini nuovi rigenerati dalla Grazia dello Spirito Santo. Rivolgo a tutti gli iscritti al nostro sodalizio un sincero augurio per la prossima Quaresima, convinta che, come ogni anno, le note di Padre Serafino ci toccheranno l'anima e ci condurranno alla Settimana Santa con rinnovata fede.

domenica 23 febbraio 2014

Gli ultimi istanti

Luciachiara Palumbo



Piazza gremita di gente, occhi rossi, occhi stanchi e volti assorti... gli ultimi istanti di un cammino lungo, un cammino durato un anno. 
Si è così, la processione dei Misteri non avviene solo per quindici ore, il nostro pellegrinaggio di dolore, di tristezza, di pentimento dura un anno se non una vita
I confratelli sulle note di Jone vorrebbero indietreggiare e non avanzare, nazzicano con una dolcezza tale da cullare quel nostro Gesù non più neonato ma ugualmente dormiente... Un Gesù che non è in una culla ma nel sepolcro, che con i suoi occhi semichiusi infonde in noi tristezza ma nello stesso tempo speranza. 

"Non lasciamoci rubare la speranza", diceva Papa Giovanni Paolo II. Parole che sembrano rivolte alla nostra città così sofferente, una città che si vergogna di esistere ma che si riunisce attorno ai nostri riti. 
Più volte si è detto che Taranto torna alla vita solo durante la Settimana Santa e con ciò ci si è riferiti al punto di vista economico. E' vero, come negare che durante questo periodo siamo circondati da turisti ma perchè non guardare anche alla fede. Io sono sicura che la Pasqua sia la Speranza dei Tarantini, la morte di Cristo e la sua Resurrezione dimostrano come nulla può darsi per vinto. 

Ecco allora la nostra immedesimazione nel dolore comunicato da una marcia funebre o dal volto livido dell'Addolorata. Ripercorriamo in tre giorni il nostro Calvario quotidiano per poter poi gioire davanti alla bellezza di una rinascita nel Signore, nostra salvezza. Sono questi i pensieri che accompagnano i miei ormai stanchi passi una volta arrivata nella piazza. 
Quindici ore di pausa, di interruzione del corso naturale delle cose e degli eventi che riempiono la mia vita. Ore di preghiera e di riflessione ma non nel senso lato dei termini, è il momento del confronto con Dio e del colloquio per tirare le somme dell'anno trascorso. Ecco perchè davanti alla Chiesa quando quasi sto per entrarvi non vorrei mettere fine alla mia pace, alla mia tranquillità, non vorrei staccarmi da Lui, ben consapevole che dovrò aspettare un anno per poterlo affiancare in questa maniera di nuovo. 

E' il rendersi conto che durante la routine quotidiana dedichiamo così poco tempo alla preghiera e al dialogo col Signore. E' il comprendere che proprio questo è il motivo del nostro agire talvolta da egoisti e poco caritatevoli, caritatevoli non di beni materiali ma d'amore verso qualsiasi creatura. Ed allora con le lacrime agli occhi alzo lo sguardo al cielo ed è di nuovo Pasqua...

mercoledì 19 febbraio 2014

La troccola ..e l'anima

Antonello Battista

Austero, severo, ieratico, solenne. Sono questi gli aggettivi che vengono in mente quando la figura del toccolante si staglia nei nostri pensieri, scorgendo in un’onirica esperienza due buchi di un cappuccio, un cappello alzato sul capo, un bordone dalla punta nera, uno scintillio di medaglie, dei piedi nudi. Se poi chiudiamo gli occhi, provando a far udire la nostra anima, di sicuro avvertiremo il crepitio della troccola, prima più debole, poi sempre più deciso all’aumentare dei palpiti del nostro cuore. Questa sensazione ha percorso, almeno per una volta, i sensi di ogni Confratello o di ogni fedele che ripensando alla processione dei Misteri, ne ripercorre il cammino con gli occhi del cuore.

Quel simbolo però, quel Confratello che apre la processione ha qualcosa di diverso rispetto agli altri: attira gli sguardi, suscita mistero, richiama la coscienze. Il suo crepitacolo non è solo un oggetto, non è solo un mezzo per aprire la strada al corteo processionale, ma è uno strumento di preghiera. Se anche per un solo istante ci si abbandona ai sui laceranti colpi, si spalanca in noi l’essenza del mistero della sofferenza e della morte di Nostro Signore. Le sue maniglie, che agitate battono sulle borchie, sembrano riprodurre i colpi del martello che batteva sui chiodi infissi nelle mani di Gesù e ad ogni suo acuto l’anima sussulta quasi stretta dal peso del peccato.

Ogni Confratello desidera in cuor suo poter di essere fautore di quest’esperienza di preghiera per i fedeli, poiché nostra missione è il decoro e la testimonianza della fede. Ogni Confratello sogna un giorno di poter “portare la troccola”; anche io da giovane Confratello lo desidero, perché “portare la troccola” è molto più che reggere un simbolo. Per una notte sei lo spirito dei Riti, sei la Settimana Santa, sei colui che detta il passo, non solo ad una processione, ma ad un’intera città, a migliaia di fedeli che sentono il loro cuore battere all’unisono col tuo e coi colpi della troccola, che come per empatica corrispondenza si mescolano in un mistica sensazione spirituale.


Io non ho mai avuto il privilegio di essere troccolante, ma spesso mi soffermo a immaginare cosa significhi avvertire le sensazioni che si provano nel reggere un simbolo cosi carico di significato. Immagino lo spalancarsi del portone davanti a me, il tuffo in un mare di agitazione che fa il cuore alla vista della piazza gremita per l’uscita della processione, la prima marcia (magari “Tristezze”), in cui io e la troccola saremo il doloroso lamento della sua melodia, il cammino su via D’Aquino e via Di Palma, la sosta in San Francesco, le luci dell’alba su via Anfiteatro, sempre attorniato da gente, la speranza che la folla si lasci trasportare alla preghiera dal suono del mio strumento. Immagino ogni singola “trucchelisciàte”, ogni “nazzicata” con la troccola sotto il braccio, come un pellegrino con la sua sporta, misuro ogni passo cadenzato da una solenne andatura. Infine immagino il rientro, quando una città intera ti aspetta per decretare il catartico inizio della conclusione dei Riti, i passi appena accennati, come se volessi indietreggiare più che avanzare verso il portone d’ingresso della Chiesa del Carmine, il desiderio personale che il mio raccoglimento non venga interrotto da un’ inopportuno quanto inspiegabile applauso, il mio braccio che si alza, i tre colpi, il portone che si apre e la navata che si distingue in un’accecante oscurità.

È vero, tutto ciò è solo frutto della mia immaginazione, ma non dev’essere molto diverso da ciò che i troccolanti provano nella realtà, perché in ogni modo noi Confratelli siamo accomunati da una cosa: dallo Spirito, che ci fa provare le stesse sensazioni, che ci fa desiderare le stesse esperienze, rivissute da ognuno in maniera diversa ma accomunate dalla fede in Cristo, dalla strada che porta alla sua Verità, e noi quanto suoi fedeli, siamo testimoni reali con la nostra pietà popolare del suo messaggio di Salvezza.
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